16/06/2022 di Giuliano Guzzo

Buzz Lightyear. Un capolavoro di propaganda Lgbt

Tutto secondo le brutte aspettative, anzi peggio, Sì, perché Lightyear - La vera storia di Buzz, l’ultimo cartoon Disney appena uscito al cinema è davvero un piccolo capolavoro di propaganda Lgbt. In parte già si sapeva, dal momento che la presenza del bacio tra due donne lesbiche era qualcosa non solo di ampiamente annunciato, bensì di risaputo alla luce anche delle anteprime internazionali e delle anticipazioni sul cartone. Quello che forse si sapeva meno era quanto fosse strutturato il personaggio di Alisha Hawthorne, che è protagonista di qualcosa di molto più rilevante d’un semplice bacio saffico.

Infatti, in breve, nel corso del cartoon succede che, per ragioni legate alla trama, Alisha sia incontrata da Buzz in varie sequenze temporali che scandiscono numerose tappe: quella del fidanzamento lesbico, quella dell’atteso bacio, quella di una unione e pure quella della messa al mondo – c’è da presumere, per ovvie ragioni, attraverso un processo di fecondazione artificiale - d’una nuova creatura, che diventa “figlia” della co-protagonista e di sua “moglie”. Un dettaglio non proprio secondario e da non tralasciare, infatti, è che dopo l’annuncio del fidanzamento e prima della nascita del bambino, si vede Alisha Hawthorne con il pancione. Pancione frutto di cosa? Ovviamente – natura ce lo dice – non del rapporto tra due donne.

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In altre parole, in Lightyear - La vera storia di Buzz non manca proprio nulla, neppure l’eliminazione della figura paterna. E il valore altamente propagandistico di questo prodotto, non fosse già chiaro, consiste nel fatto che le vicissitudini amorose di Alisha non sono, a ben vedere, il perno assoluto del racconto; ma di fatto è come se lo fossero. Del resto, una propaganda che si rispetti, in questo caso, ha precisamente questo scopo: quello di normalizzare – o di far passare come del tutto ordinario, mediante un profilo apparentemente soft – qualcosa che non lo è in alcun modo.

Il risultato è però terribile dal momento che, come si diceva, consapevoli o meno gli spettatori di questo cartoon, vengono messi dinnanzi ad un micidiale smantellamento della famiglia naturale in favore di un nuovo tipo di unione che, manco a dirlo, non solo viene sottoposta alla loro attenzione, ma è presentata in modo romantico, sincero, come un autentico modello. Et voilà: la perfetta propaganda arcobaleno è servita, perché indubbiamente di questo si tratta. Ora, nelle scorse ore è circolata la notizia che questo nuovo capitolo della saga di Toy Story, uscito nelle sale nelle scorse ore, sia stato bloccato negli Emirati Arabi Uniti.

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Il motivo di tale blocco, da quanto è dato capire, sarebbe il bacio di Alisha con la sua partner. Inutile dire che nessuno si augura che l’Italia, l’Europa o l’Occidente prendano a esempio gli Emirati Arabi, ci mancherebbe. Tuttavia, una cosa deve essere chiara: il problema di Lightyear - La vera storia di Buzz non è tanto e solo un bacio che, di fatto, si esaurisce nell’arco di un secondo. Il problema vero di tale cartoon, come si diceva poc’anzi, è che confeziona per larga parte del suo svolgimento un formidabile spot in favore di una coppia arcobaleno; e lo fa, attenzione, sapendo che la grandissima parte del pubblico sarà composto da bambini, le cui menti sono particolarmente condizionabili proprio in ragione della loro giovane età. E purtroppo, viene infine da aggiungere, sarà sempre peggio. 

Se infatti l’intenzione – non misteriosa o supposta ma apertamente dichiarata dalla presidente della Disney General Entertainment Content, Karey Burke – è quella di portare fino al 50% la quota dei personaggi arcobaleno dei cartoni della celebre casa di produzione, Lightyear va considerato solamente, per quanto amaro, come un semplice assaggio di quello che verrà in futuro. Ne consegue come esista un solo rimedio a questa situazione: se Disney non vuole cambiare strada, ma intende anzi percorrerla con maggiore decisione, la strada devono cambiarla le famiglie. Come? Smettendo di rifilare ai loro figli questi prodotti o, al massimo, fermandosi ai classici del genere.

Checché se ne dica, infatti, nessuno è mai cresciuto indottrinato dopo aver visto Biancaneve o Cenerentola, Dumbo o Bambi, mentre con il nuovo filone Disney sarà pressoché impossibile uscire dalle sale cinematografiche se non imbevuti certo molto condizionati da una nuova antropologia che nulla a che vedere con gli autentici valori della famiglia, dell’apertura alla vita, della libertà educativa e del sano intrattenimento, questo sconosciuto.

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