22/10/2018

Attesa la sentenza per Asia Bibi

«Vi prego, pregate per mia madre! Ora ha bisogno di tutte le vostre preghiere»: è il grido disperato di Eisham, figlia minore di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan per blasfemia, ora in attesa del verdetto finale della Corte suprema. I giudici hanno comunicato di aver già preso una decisione, che però al momento non viene resa nota.

Una decisione che, in un caso o nell’altro, non potrà non avere serie ripercussioni dentro e fuori il Paese. Se Asia Bibi sarà assolta, alla luce delle evidenze processuali che escluderebbero responsabilità in merito alle accuse che le sono state rivolte, si scatenerebbe la rabbia degli integralisti islamici che hanno annunciato violente ritorsioni; se la condanna a morte sarà invece confermata come chiedono a gran voce i fondamentalisti e la donna sarà impiccata, sul Pakistan resterà una macchia indelebile difficile da cancellare a livello internazionale. È per questo che i giudici preferiscono prendere tempo. Ma fino a quando?

Se Asia verrà liberata, il suo destino sarà comunque segnato: dovrà lasciare il Pakistan insieme ai suoi familiari perché sarebbe comunque esposta alle ritorsioni degli integralisti, che potrebbero uccidere tanto lei che i suoi. In Pakistan il reato di blasfemia è un retaggio della dittatura del generale Muhammad Zia ul-Haq, che lo introdusse proprio con l’intento di garantirsi l’appoggio dei gruppi islamici radicali e reprimere il dissenso politico e religioso, soprattutto da parte dei cristiani. Dopo la sua morte da più parti si è cercato di eliminarlo e c’è chi per questo ha pagato con la vita.

Il reato di blasfemia è stato spesso utilizzato in ambito politico per far fuori, anche fisicamente, gli esponenti di partiti cristiani che si battevano per la libertà religiosa nel Paese. Asia Bibi è stata accusata di aver offeso il profeta Maometto durante una discussione con alcune donne musulmane che lavoravano con lei nei campi e che avevano tentato di impedirle di prelevare acqua da un pozzo sostenendo che, in quanto cristiana, l’avrebbe contaminata. La donna è stata processata e condannata a morte da un tribunale islamico sulla base delle sole parole delle sue accusatrici e senza alcuna prova certa di colpevolezza. Eppure da nove anni è reclusa in carcere in attesa che i giudici della Corte suprema decidano il suo destino.

In prigione ha subito le violenze più atroci, ma nonostante i reiterati pestaggi denunciati dal suo legale e lo stato di degrado cui è sottoposta, in tutti questi anni ha resistito ed è sopravvissuta ai numerosi patimenti. A un certo punto si era anche ipotizzato che i continui rinvii dei giudici fossero determinati dalla speranza che la donna potesse morire in carcere, liberando così la giustizia pakistana da ogni responsabilità. Invece Asia Bibi è viva e la giustizia non potrà fare a meno di decidere se salvarla o consegnarla ai suoi aguzzini.

Quel che sconcerta in questa vicenda è soprattutto il colpevole silenzio dell’Occidente, che si è mosso varie volte per denunciare la violazione dei diritti umani e chiedere il rispetto del pluralismo religioso. Lo ha fatto in Kosovo, lo ha fatto in Birmania, lo ha fatto in Tibet, lo ha fatto in India, sempre però in favore dei diritti dei musulmani o dei fedeli di altre religioni perseguitati in quanto tali. Sui cristiani purtroppo si è assistito spesso, salvo rari casi, a una sconcertante decisione di non denunciare, nonostante il cristianesimo sia la religione più perseguitata al mondo con un numero di martiri sempre crescente. I cristiani sono perseguitati nei Paesi musulmani come in quelli induisti, a dimostrazione di come l’odio verso di loro non conosce confini.

Anche il caso di Asia Bibi da questo punto di vista è emblematico. Il Pakistan è un Paese alleato dell’Occidente, come dimostra l’appoggio fornito agli americani ai tempi della guerra contro l’Afghanistan.

Stati Uniti ed Europa avrebbero tutti gli strumenti per fare pressione sul governo, ottenere la liberazione di Asia Bibi e il suo trasferimento in un Paese sicuro dove poter vivere senza il rischio di essere uccisa. Invece, tranne il Papa e il mondo cattolico, a nessuno sembra interessare di questa povera cristiana, madre di cinque figli che rischia la vita a causa della sua fede. Se Asia Bibi sarà impiccata, a essere macchiata non sarà soltanto l’immagine del Pakistan ma anche quella di un Occidente che, come le tre scimmiette, ha preferito non vedere, non sentire e non parlare.

Americo Mascarucci

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