02/12/2022 di Francesco Comegna

Attacco a Pro Vita. Perucchietti: «Questo femminismo è ancora più violento e sadico del patriarcato che dice di combattere»

L’attacco vandalico che ha subito lo scorso 26 Novembre la sede di Pro Vita e Famiglia è solo il culmine di un’offensiva intimidatoria e violenta nei confronti della onlus, preceduto dalle assurde e vergognose immagini capovolte di Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia, nonché da altri episodi vandalici, da attacchi subìti dalla sede nei mesi scorsi (a marzo) e da numerose censure ai danni di affissioni e manifesti della stessa Onlus. In dialogo con la giornalista e scrittrice Enrica Perucchietti, abbiamo ragionato su questo clima inquisitorio e violento proprio di alcuni collettivi femministi.

Ascolta "Perucchietti: «Oggi il femminismo è più violento e sadico del patriarcato che dice di combattere»" su Spreaker.

Cosa ne pensa di questo attacco vandalico?

«Questi atti fini a se stessi testimoniano il clima di intolleranza liberticida che viene portato avanti anche da quei gruppi che rivendicano dei diritti ma utilizzano la violenza per chi diverge dal loro pensiero, cercando di eliminare non solo la libertà di pensiero altrui ma anche la possibilità di un dibattito».

Cosa pensa di questo femminismo estremo e violento portato avanti da collettivi politicizzati che rifiutano qualsiasi tipo di dialogo ?

« Penso sia un fenomeno della nostra epoca, ci sono sempre più movimenti che portano avanti rivendicazioni apparentemente basate su dei diritti di minoranze che alla fine risultano più intolleranti di quei poteri che contestano, come nel caso specifico del patriarcato, quindi adottano poi delle modalità in qualche modo speculari a quelle che vorrebbero contrastare e combattere, altrettanto violente, fanatiche, intolleranti e talebane».

C’è questa sorta di ipocrisia di chi dice di battersi per i diritti delle donne ma allo stesso tempo cerca di silenziare alcune donne che non la pensano come loro, portando avanti una battaglia squisitamente ideologica.

«Più che politica è appunto una forma di fanatismo ideologico, di pensiero schizzofrenico, siamo davanti ad un cortocircuito, dove dietro la maschera del politicamente corretto, del buonismo e dei diritti, si nasconde questa violenza che non tollera chi la pensa in maniera diversa e, in questo caso le femministe, non riescono a tollerare che una donna possa essere conservatrice, di destra, possa abbracciare dei valori diversi da quelli propugnati da loro, proiettando automaticamente su queste donne una violenza e un fanatismo inaudito, ed è qui che poi le persone finiscono per comportarsi in maniera esattamente identica a quel sistema che vorrebbero combattere, sono l’altra faccia della medaglia, dei moderni inquisitori, degli psico-polizziotti che non tollerano qualunque tipo di pensiero diverso dal loro e, la cosa assurda è che dovrebbero essere le eredi degli eretici, delle  streghe di cui tanto vanno fiere, ma in realtà si comportano esattamente come gli inquisitori».

Non si può non notare come da una parte si contesta la fantomatica cultura patriarcale, ma allo stesso tempo in queste manifestazioni si usano linguaggi e slogan volgari a sfondo sessuale che richiamano la peggiore mentalità pornografica di stampo maschilista. Cosa ne pensa di questo cortocircuito?

«A me sembra che questo tipo di femminismo finisca poi per scimmiottare il lato peggiore del maschio che loro contestano, di fatto quindi non stanno neanche cercando di superare o distruggere il patriarcato ma è come se lo volessero sostituire in maniera altrettanto violenta e sadica, si generano quindi queste forme di isterismo e schizzofrenia perché da un lato si rivendicano certi diritti, che valgono però solo per coloro che la pensano come loro, quindi finiscono per sostenere quello stesso sistema che vorrebbero distruggere, diventandone una grottesca parodia, propugnando una sorta di conversione per chi non la pensa come loro».

Secondo lei si riuscirà prima o poi a instaurare un dialogo civile con questi collettivi?

«Per sedersi attorno ad un tavolo bisogna essere abbastanza intelligenti e rispettosi del pensiero altrui e non mi sembra che queste persone lo siano, al di là delle ideologie che portano avanti. Secondo me bisogna ancora toccare il fondo con il gender, la cancel culture e questo tipo di femminismo, che non hanno ancora raggiunto il loro apice e, solo quando lo raggiungeranno e la maggior parte della popolazione si renderà conto della deriva verso cui l’Occidente sta andando, allora forse li si potrà invertire la tendenza, perché ci sono molte persone anche all’interno di questi movimenti che iniziano a capire il cul de sac in cui sono finiti, penso al dibattito nel movimento delle lesbiche sul transessualismo e l’utero in affitto».

Ha prima accennato alla spaccatura che c’è dentro il femminismo, dove da una parte c’è quello “classico”, che viene dai movimenti degli anni sessanta e che al di là delle visioni su cui si può essere d’accordo o meno, conserva ancora un’idea di donna antropologicamente ancorata  alla realtà, mentre dall’altra parte c’è questo nuovo trans-femminismo che ha sposato in toto l’ideologia gender e tutta la deriva antropologica che ne deriva.

«Sono i segni dell’influenza che il gender sta avendo sulla nostra società, per me il trans-femminismo è un’aporia assurda, perché il portare avanti un certo tipo di rivendicazioni si ritorce contro la donna stessa. Certe femministe non stanno capendo che stanno lottando per quel patriarcato che vorrebbero abbattere, facendo da stampella al sistema, a coloro che vogliono liquefare la società sradicando le identità sessuali degli individui per renderli amorfi, per controllarli e manipolarli meglio».

 

 

 

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