28/03/2015

Altro che omofobia: i veri perseguitati sono gli obesi e i cristiani

Ogni giorno c’è qualcuno che lancia l’allarme omofobia.

Renzo Puccetti e Giuliano Guzzo hanno pubblicato su La Croce un articolo che potrebbe tranquillizzare gli allarmati – allarmanti in tal senso (se fossero disposti a guardare onestamente la realtà).

Piuttosto, sarebbe ora di fare una campagna per la non discriminazione delle persone sovrappeso e per ... i Cristiani.

Se Cecchi Paone può permettersi di dare del “ciccione clerico fascista” a Mario Adinolfi (che pochi anni fa, è stato “aggredito in strada di notte da un branco di otto ragazzini al grido di ‘ciccione’ finendo al Pronto Soccorso, dove gli furono “riscontrate ecchimosi, edema, ferite lacero-contuse”, Corriere della Sera, 9.1.2011), perché si batte contro nozze e adozioni gay, i dati raccolti dai due autori dell’articolo sono piuttosto inequivocabili. Eccoli, con le parole di Guzzo e Puccetti.

Anziani 

Società Americana di Psichiatria Geriatrica: un team dell’Università della Florida e di Montpellier ha analizzato i dati provenienti dal gruppo di 6.450 soggetti arruolati nell’Health and Retirement Study. L’eventuale esperienza di discriminazione è stata indicata nell’età dal 30.1% del campione; a seguire il sesso e la razza hanno raccolto il 13 e il 10% di risposte affermative; poi il peso, che è risultato causa di stigma all’8% delle persone, la disabilità fisica ha interessato il 7,1% degli intervistati. L’orientamento sessuale si è posizionato in ultima posizione, indicato causa di discriminazione soltanto dall’1,7% del campione, un quinto di quelli stigmatizzati a causa dei chili.

Obesi

Tra i 1.136 americani dello studio MIDUS lo stigma legato al peso eccessivo è aumentato nel tempo (interessava il 7% nel 1996 ed è cresciuto al 12% dieci anni dopo) andando di pari passo ai chili (il 6,9% tra chi è solo sovrappeso, ma il 42,5% tra i gravi obesi). Questi risultati li ritroviamo pressoché sovrapponibili tra i 5.307 ultracinquantenni inglesi esaminati dai ricercatori della University College di Londra secondo cui “questi dati hanno implicazioni per le politiche pubbliche ed evidenziano la necessità d’interventi efficaci per promuovere l’uguaglianza” (International Journal of Obesity, 2014). Lo stesso gruppo di lavoro, lavorando su una diversa casistica, ha dimostrato che la discriminazione dei soggetti obesi può rappresentare un vero e proprio danno alla salute; essa infatti non solo favorisce tutto lo spettro di disturbi dell’umore, ma accresce anche la probabilità di un incremento ulteriore del peso (Obesity, 2014).

Anche giovani

Peraltro l’obesofobia non risparmia i più giovani. Rebecca Puhl e Nadine Ledicke lavorano al Rudd Center for Food Policy and Obesity, facente capo all’Università di Yale. In un lavoro del 2011 hanno mostrato come nei soli ultimi dodici mesi due terzi degli adolescenti obesi esaminati era stato vittima di almeno un episodio di bullismo legato al peso. Si tratta di comportamenti vigliacchi rivolti contro persone che si trovano in una condizione determinata per il 70% da fattori genetici (Stunkard, New England Journal of Medicine 1990), percentuale assai alta e ben maggiore, tanto per dire, della concordanza rilevata nell’orientamento omosessuale tra i gemelli monozigoti iscritti nei registri specificamente dedicati (20-24% nel campione australiano di Bailey, 11% nel registro inglese di Burri e 6,7% in quello americano di Bearman e Brückner).

I Cristiani, soprattutto Cattolici

La condivisione della prospettiva morale della Chiesa è infatti oggetto di un’impressionante tentativo di marginalizzazione ideologica: ginecologi obiettori all’aborto subiscono campagne affinché non assumano ruoli dirigenziali, infermiere perdono il lavoro per non dispensare pillole del giorno dopo, immagini oscene per deridere i simboli cristiani, intellettuali che teorizzano l’espulsione dei credenti dalla vita civile, pubbliche manifestazioni del pensiero su matrimonio, famiglia, libertà di educazione, protezione della vita innocente, civili, composte e regolarmente autorizzate, necessitano immancabilmente di una congrua protezione da parte delle forze dell’ordine per potersi svolgere e garantire l’incolumità dei partecipanti.

Il professor Philip Jenkins, docente alla Baylor University, ha parlato dell’anticattolicesimo definendolo “The Last Acceptable Prejudice” (Oxford Univesity Press, 2003), mentre i sociologi della North Texas University George Yancey and Davide Williamson, nel loro recentissimo libro – So Many Christians, So Few Lions: Is There Christianophobia in the United States? (Rowman & Littlefield Publishers, 2014), hanno evidenziato nella società americana la presenza di un gruppo di persone numericamente minoritario, ma con un potere sociale superiore alla media caratterizzato da “un odio irragionevole o paura dei cristiani”.

Si chiama cristianofobia...

E in Italia?

Da un sondaggio sulla diffusione di pregiudizi e stereotipi tra i ragazzi fra i 14 e i 17 anni – sondaggio effettuato sulla base di un campione costruito su dati Istat, campione di tipo casuale e con stratificazione per sesso, età, ripartizioni geografiche e ampiezza di centri di residenza – è emerso come la discriminazione ritenuta più frequente sia quella fra le persone omosessuali ma quella a cui, di fatto, i giovani assistono più spesso è – e di gran lunga, fra l’altro – quella a danno delle persone obese (23%), rispetto a quella contro le persone omosessuali (13%) (Istituto Piepoli, 2014).

Il dato è particolarmente rilevante perché da un lato conferma come, in effetti, la percezione dell’omofobia fra i giovani sia diffusa, forse anche in conseguenza della massiccia visibilità mediatica della questone, ma dall’altro evidenzia come essi stessi, interpellati sulle loro esperienze personali, ammettano che la realtà sia diversa da come la descrivono.

Il celebre manuale di propaganda di Kirk e Madsen spiega quanto sia utile, sotto il profilo strategico e politico, far apparire a priori “i gay come vittime, non come provocatori aggressivi” e fare in modo che quanti si oppongono alle loro rivendicazioni “sembrino cattivi” (After the Ball, Plume 1990).

Sarebbe ora che si cominciasse a guardare in faccia la realtà. La politica e l’opinione pubblica dovrebbero cominciare ad occuparsi della prevenzione e della soluzione di problemi seri, ma soprattutto veri.

Redazione

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