14/04/2023 di Fabrizio Cannone

Altri studi, gli ennesimi, contro la transizione di genere per i minori

Da tempo i promotori del gender usano citare studi, spesse volte palesemente manipolati e artefatti, per sostenere che la scienza va ignorata, che la biologia può essere corretta, e che sia possibile realmente nascere nel “corpo sbagliato”.

In questa prospettiva, la panacea a tutte le sofferenze e le angosce dei giovani (o meno giovani) che si dichiarano transgender o che sono in cerca di una nuova identità sessuale, starebbe nel blocco dello sviluppo naturale prima e nell’operazione di “riassegnazione di genere” poi.

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Ora però un recente studio, condotto in Gran Bretagna, «non ha trovato differenze significative», per quel che riguarda la salute psicologica e il benessere, tra «i bambini disforici di genere che hanno subito e che non hanno subito la transizione sociale, il cambiamento di nome, pronomi e vestiti per presentarsi come il sesso opposto».

Molti medici, come nota anche la giornalista Laurel Duggan, consigliano senza troppe prove la “transizione sociale” a bambini o adolescenti in forte crisi di identità, proponendo l'intervento come «un modo innocuo» per risolvere i problemi e alleviare «l’angoscia della disforia di genere».

Eppure, i dati reperiti presso una clinica di Londra, specializzata nel “Gender Identity Development Service”, smentiscono le illusioni degli ideologi e le teorie azzardate di molti psichiatri che preferiscono operare piuttosto che attendere gli sviluppi, spesso naturali e autonomi, di fragilità psicologiche legate all’adolescenza.

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«I ricercatori - scrive Duggan - hanno esaminato la salute mentale di 288 bambini», con problemi legati all’identità sessuale, «di età compresa tra i 4 e 17 anni, a cui era stata diagnosticata una disforia di genere». Ebbene, gli studiosi hanno così potuto accertare che la panacea della transizione non esiste. Anche dopo la mitizzata operazione si è riscontrato un alto tasso di ansia e di disagio (nel 33,6% delle femmine e nel 28,8% dei maschi) ben superiore alla media dei loro coetanei, senza disforie di sorta.

Forse alcuni ragazzi hanno raggiunto una forma di benessere che non avevano in precedenza, ma a volte si è registrato il contrario e spesso il miglioramento non c’è proprio stato. E ciò spiega anche l’esistenza del vasto movimento dei detransitioners, i quali, dopo l’agognata o consigliata o imposta “transizione sessuale”, hanno deciso di tornare al sesso di origine o, peggio, hanno cercato questo ritorno senza però riuscirci perché ormai le operazioni erano definitive.

Si dovrebbe quindi fare molta attenzione a non credere che l’essere umano sia un robot che si possa scomporre e ricomporre a piacimento, altrimenti molti danni psicologici e disagi sociali recati a bambini in cerca di affetto e protezione diverranno indelebili e senza via d’uscita.

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