07/02/2023 di Giuliano Guzzo

Sanremo 2023. Ecco il Festival più gender fluid che ci sia

C’era una volta Sanremo. Molto una volta, però. Da anni il Festival della canzone italiana si è infatti tramutato in altro, divenendo anzitutto una vetrina del pensiero unico. E purtroppo pare proprio che la 73° edizione della kermesse – che inizia stasera - sia destinata, sotto questo punto di vista, a riproporre le solite note. Lo lasciano intuire in modo esplicito tutta una serie di indizi - ben più dei tre canonici richiesti dalla maestra del giallo, Agatha Christie, per fare una prova. In primo luogo, un indizio è Amadeus, il quale – a parte quando, nel 2021, si fece il segno della croce davanti alle telecamere, scatenando subito le ire dell’Uaar, l’Unione atei agnostici razionalisti gesto davvero poco opportuno», fu al tempo giudicato il suo) – si è sì sempre confermato un ottimo conduttore, ma pure un professionista a suo agio tra le acque della cultura dominante.

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Indizi sono, continuando, le co-conduttrici che per questa edizione Amadeus si è scelto; da Chiara Ferragni - la stessa che, per dare contro alla «destra», lo scorso agosto disse che nelle Marche è «praticamente impossibile abortire» (balla enorme: lì l'aborto è eseguibile nel 93% delle strutture sanitarie, contro la media nazionale del 62%) -, alla pallavolista Paola Egonu - che aveva fatto sapere al mondo una cosa fondamentale del suo sport, e cioè di potersi innamorare «di un ragazzo, o di un’altra donna» (Corriere della Sera: 17.5.2021) – fino alla non meno arcobaleno Chiara Francini, attrice che, tra le altre cose, ha definito il circolo Mario Mieli «la mia seconda casa».

A confermar l’impronta politicamente ultracorretta dell’evento sanremese, poi, ci sono gli ospiti. Da Fedez – un artista che dal sostegno all’eutanasia legale a quello al ddl Zan non si è fatto mancare, purtroppo, nulla – all’emblema del gender fluid per antonomasia, vale a dire il mitico Achille Lauro, che giusto lo scorso anno si era prodotto, lo si ricorderà, con uno show molto dimenticabile: quello di un “autobattesimo” sul palco dell’Ariston, facendo infuriare molti cattolici e gli stessi responsabili del negozio di articoli religiosi Tricella di Milano, da cui la conchiglia battesimale usata da Lauro fu acquistata. «Sicuramente», dichiararono in una intervista i due fratelli dal cui negozio fu venduto quell’articolo, «è una situazione che ci ha messo a disagio».

Tornando al gender fluid, la nuova edizione del Festival avrà un sicuro punto di riferimento, su questo, anche in Manuel Franco Rocati, in arte Rosa Chemical, cantante dai tatuaggi perfino in volto che, parlando con Vanity Fair, ha subito anticipato le sue intenzioni: «A Sanremo porto il sesso, l’amore poligamo e i porno su Onlyfans». Che faccia sul serio è testimoniato dal testo del suo brano, Made in Italy, che contiene passaggi assai espliciti rispetto a poligamia e visione delle relazioni anche sessuali, come dire, piuttosto disinvolta: «Sono perverso e non mi giudichi/Se metterò il rossetto in ufficio lunedì/Da due passiamo a tre/Più siamo e meglio è […] Sono un bravo cristiano/Ma non sono cristiano».

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Peccato che questa dell'«amore libero» sia una storia vecchissima, che lo stesso '68, oltre mezzo secolo fa, non ha fatto che rilanciare. Ma ormai, che si parli di etica o di valori cristiani, di look o di presunte provocazioni, una cosa è certa: sul palco dell’Ariston gli artisti, quelli veri, sono solo un contorno. Il vero piatto forte è sono i paladini della cultura dominante, tutti pronti – anche se con brani diversi – a cantare la stessa canzone: quella liberal, progressista, anticristiana, Lgbt. Come un ristorante che si propone per tutti i gusti ma, in realtà, a menù tristemente fisso.

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