07/04/2020

Al tempo del Coronavirus l’aborto a casa mette in pericolo le donne

I numerosi tentativi di normalizzare la pratica dell’aborto hanno trovato nel Covid19 un grande alleato: l’aborto “fai da te” a casa, con la procedura dell’aborto farmacologico: «l’assunzione del mifepristone e del misoprostolo».

Nel Regno Unito, ora, entrambi i “farmaci” (che dovrebbero essere chiamati “veleni”, piuttosto, dato che non curano, ma uccidono) possono essere assunti nelle mura domestiche (mentre prima l’assunzione del mifepristone doveva avvenire obbligatoriamente in ospedale), spiega un articolo di Tempi.

«Per abortire un bambino basta una telefonata ormai nel Regno Unito, al termine della quale le pillole saranno spedite direttamente a casa della donna». E Bpas, l’organizzazione che somministra aborti in Inghilterra, Galles e Scozia, non nasconde la sua esultanza: «Aborto a domicilio! Siamo felici di annunciare che il governo ha introdotto l’uso dell’aborto via telemedicina che ora proteggerà le donne in tutto il paese».

Proteggerà? Stiamo scherzando? «Nel rapporto del 2011, la Food and Drug Administration (FDA) aveva indicato 2.207 casi di emergenze mediche dovuti all’aborto farmacologico: si trattava di 256 sepsi di cui 48 classificate come “severe”, 339 emorragie per cui è stato necessario effettuare una trasfusione, 612 ricoveri, 58 casi di gravidanze extrauterine e 14 decessi», ricordavamo in un articolo.

Solo nel 2011. Ed oggi? A che numeri siamo arrivati?  Nel libretto “Per la salute delle donne” (che potete richiedere cliccando qui), leggiamo, inoltre: «dai dati diffusi dal Ministero della Salute, risulta che nel periodo 2011-2015 si sono verificati in Italia 1.143 casi di emorragia» post aborto. È questa la “protezione” della donna?

Evidentemente, esultare per la diffusione dell’aborto “domestico” significa infischiarsene totalmente sia della salute che dei diritti delle donne. Mostrare l’aborto legale come una pratica sicura non può che essere una presa in giro alla luce di dati che ne rilevano la pericolosità.

In conclusione, condividiamo pienamente il commento del vescovo ausiliare di Westminster, John Sherrington, che afferma: «Anche se viviamo tempi di emergenza, queste misure mettono ancora più in pericolo quelle donne che si trovino ad agire in fretta e senza appropriato consulto medico magari da partner violenti. Queste misure sviliscono la gravità con cui simili decisioni dovrebbero essere prese e non tengono in considerazione i pericoli fisici e psicologici che l’amministrazione di questi farmaci a casa potrebbe causare»

 

di Luca Scalise

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