24/08/2014

Agesci e la sindrome del conformismo...

Abbiamo deciso di dedicare spazio alla cosiddetta “Carta del coraggio” redatta da un gruppo di ragazzi dell’ Agesci in cui si spendono a favore del riconoscimento delle coppie non eterosessuali, pretendendo che anche la Chiesa si adegui all’ideologia gender.

Giuliano Guzzo affronta l’argomento analizzando soprattutto il concetto di coraggio...

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Il coraggio, notava Chesterton, è quasi una contraddizione in termini perché implica un forte desiderio di vivere che prende la forma di essere pronti a morire. Se lo scrittore inglese aveva ragione, se al coraggio, per essere tale, occorrono le ali della gioventù e dell’eternità, non possiamo che ritenere quanto meno fuorviante la scelta d’intitolare “Carta del coraggio”, il documento su cui ragazzi dell’ Agesci, la più grande realtà scoutistica del Paese, hanno lavorato al fine di raccogliere propositi e impegni per il futuro dell’Associazione e non solo. Trattasi infatti di 16 pagine – se corrispondenti a quelle divulgate dal quotidiano Il Secolo XIX -, che, pur presentando in apertura un esplicito riferimento religioso («la Chiesa a cui apparteniamo»), non solo avanzano molteplici richieste nei confronti della Chiesa – come se fosse la Sposa di Cristo ad appartenere agli scout e non, semmai, viceversa – ma contiene passaggi spiazzanti, vergati in salsa così politicamente corretta da sembrare quasi un’apologia del Pensiero Unico.

I passaggi critici, manco a dirlo, sono alla voce «Amore», dove ad una definizione palesemente relativista della famiglia («qualunque nucleo di rapporti basati sull’amore e sul rispetto») segue una sorta di lista della spesa, con la richiesta alla Chiesa di «rivalutare i temi dell’omosessualità, convivenza e divorzio, aiutandoci a prendere una posizione chiara»: Catechismo e Magistero, evidentemente, non bastano più. O forse non sono neppure conosciuti? Chissà. Sorprende poi l’invito a non «discriminare persone che hanno vissuto o stanno vivendo esperienze quali divorzio o convivenza». Sorprende perché pare proprio che ad essere discriminati, in realtà, siano altri, ossia i giovani che, con tutto quel che questo comporta, scelgono di sposarsi ed avere figli: non solo non sono destinatari di aiuti economici, ma vengono sempre più presentati dai media come pazzi ed incoscienti che sottovalutano l’importanza della realizzazione personale ed il pericolo del precariato lavorativo.

Allo stesso modo meraviglia la forte sottolineatura al «diritto ad amare ed essere amati e che questo amore sia riconosciuto giuridicamente affinché possa diventare un valore condiviso»: quale legge vieta l’amore? Quale crudele disposizione o istituzione impediscono il «diritto ad amare ed essere amati»? Forse la Costituzione italiana laddove, con l’articolo 29, definisce la «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»? O la Corte Costituzionale, quando con grande chiarezza fa presente che, per quanto travolgenti, le «trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi» non possono, rispetto, alla concezione del matrimonio dei Padri Costituenti, incidere «sul nucleo della norma» (Sentenza n. 138/2010)? Dispiace che i rappresentanti degli rover e delle scolte, i ragazzi e ragazze scout estensori della “Carta“, da un lato siano così schietti nelle loro richieste, e dall’altro non si spingano oltre vaghe allusioni dal momento che ulteriori precisazioni avrebbero aiutato capire.

 

Ad ogni modo, questo, in estrema sintesi, è quello che presenta il documento. Poi, a pesare, ci sono i tanti, tantissimi silenzi, vale a dire quello che manca. Per esempio si parla esplicitamente «delle persone di qualunque orientamento sessuale» ma mancano tutti i deboli dei nostri giorni: le giovani in gravidanza difficile o indesiderata, i bambini abortiti, i bambini che rischiano di crescere senza padre o senza madre; che ai dei giovani sfuggano, tutti assieme, problemi simili dovrebbe allarmare i loro educatori. Ne consegue come alla “Carta“, pur essendo scritta da ragazzi, in realtà manchi la vitalità dei veri giovani, sognatori e golosi della vita, non certo sazi della solita minestra che serve il mondo. Ragion per cui, avendo fra l’altro la fortuna di conoscere molti scout, diversi dei quali persone eccezionali, mi permetto di non credere condivisi da tutti i contenuti di quel documento.

Anche perché se un documento teoricamente nuovo e rappresentativo di istanze giovanili poi, di fatto, presenta le stesse identiche sostenute dai potenti del pianeta – da Obama a colossi mondiali quali Moody’s, Morgan Stanley e Goldman Sachs, tutti in prima linea per le nozze gay ed indifferenti o addirittura sostenitori, per esempio, dell’aborto libero – qualcosa non va. Significa che il Pensiero Unico, ormai, è veramente ovunque e visibile a chiunque non abbia i paraocchi. Per fortuna, però, che dentro e fuori l’ambito scoutistico dei ribelli ci sono davvero. Lontani dai riflettori, nascosti o volutamente ignorati, sono i giovani che fanno volontariato, che s’impegnano, che inseguono la fedeltà ai valori più alti praticando l’obbedienza e non contrabbandando la loro disobbedienza per nuova obbedienza. Che non chiedono alla Chiesa di «rivalutare» nulla, ma di essere guidati. Sono loro, col loro esempio, a dimostrare che la “Carta del coraggio”, in realtà, è la Carta del Conformismo. Ed è già vecchia.

Giuliano Guzzo

Fonte: Blog di Giuliano Guzzo

 

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