25/01/2016

Adozioni gay: il “No” di una figlia cresciuta da due “papà”

Quando si parla di unioni civili, inevitabilmente, si parla di bambini. Sì, perché il vero obiettivo delle lobby Lgbt sono le adozioni gay: arrivare alla possibilità di “mettere al mondo” (lo mettiamo tra virgolette perché per fare un bambino servono, e serviranno sempre, due persone di sesso diverso!) e crescere un bambino già orfano di madre o di padre.

Le conseguenze della privazione di una delle due figure genitoriali di riferimento (ne abbiamo parlato qui e qui) sono, in Italia, un tema ancora abbastanza sconosciuto, dal momento che i piccoli cresciuti da coppie omosessuali non hanno ancora raggiunto l’età per poter raccontare la loro esperienza.

All’estero, però, le testimonianze di ragazzi e ragazze cresciuti in coppie omogenitoriali sono molte. Il portale Aleteia ha recentemente ospitato il racconto di Dawn Stefanowicz (della quale avevamo già parlato qui), residente in Canada, dove il matrimonio gay è consentito dal 2005.

La donna è autrice del libro Out From Under: The Impact of Homosexual Parenting, in virtù del quale “Più di 50 figli adulti cresciuti da genitori LGBT si sono messi in contatto con me e hanno condiviso le mie preoccupazioni sul matrimonio e la genitorialità omosessuali. Molti di noi lottano con la propria sessualità per via dell’influenza dell’ambiente familiare in cui sono cresciuti“.

Dawn Stefanowicz lamenta la forte restrizione di libertà di parola che si è verificata in Canada da quanto è stato introdotto il matrimonio gay: dirsi contrari è diventato pressoché impossibile, pena “[...] conseguenze disciplinari o il licenziamento o si può essere perseguiti dal Governo“.

omofobia_trentino_conti_adozioni-gayMa le parole che più colpiscono sono quelle che narrano gli aspetti che l’hanno interessata più da vicino, nella sua intimità di bambina. Scrive infatti la donna: “I bambini non sono beni da poter staccare in modo giustificabile dai genitori naturali. Nelle famiglie omosessuali, i bambini negheranno spesso il proprio dolore e fingeranno di non sentire la mancanza di un genitore biologico, sentendosi pressati a esprimersi positivamente per via della politica che circonda le famiglie LGBT. Quando i bambini perdono un genitore biologico per morte, divorzio, adozione o tecnologia riproduttiva artificiale, sperimentano un vuoto doloroso. È lo stesso per noi quando il nostro genitore gay porta nella nostra vita il/i proprio/i partner dello stesso sesso, che non potrà/potranno mai sostituire il nostro genitore biologico [...] Le madri e i padri apportano doni unici e complementari ai propri figli. Contrariamente alla logica del matrimonio omosessuale, il genere dei genitori conta per il sano sviluppo dei figli. Sappiamo, ad esempio, che la maggior parte degli uomini in carcere non ha avuto il padre in famiglia. I padri, per loro natura, assicurano identità, instillano direzione, danno disciplina, confini, e costituiscono un esempio per i figli, ma non possono far crescere i figli nel proprio grembo o allattarli. Le madri allevano i figli in modi unici e benefici che non possono essere sostituiti dai padri. [...] Il matrimonio omosessuale non solo priva i bambini dei propri diritti alla genitorialità naturale, ma dà allo Stato il potere di non tener conto dell’autorità dei genitori biologici, il che significa che i diritti genitoriali vengono usurpati dal Governo“.

I bambini hanno naturalmente bisogno di avere una mamma e di un papà. E ne hanno tutto il diritto. Così come tutti i cittadini dovrebbero avere il diritto di parlare del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna senza timore di essere tacciati quali “omofobi” e di subire conseguenze anche pesanti solo in virtù del loro pensiero.

Coloro che oggi, in Italia, parlano di matrimonio gay, stepchild adoptioin e utero in affitto si basano forse troppo sui propri desideri e, di contro, negano i diritti altrui e il dato di natura. Tuttavia dall’estero arrivano già tutti i segnali di cui ci sarebbe bisogno per capire che il Bel Paese, più che arretrato è fortunato: può sfruttare l’esperienza altrui per dire “No”, e fermarsi in tempo. Anche se il timore della nostra Redazione è che, a breve, dovremmo anche noi dire col Morandotti che “La storia insegna che la storia non insegna nulla“...

Chiudiamo ancora con le parole di Dawn Stefanowicz, che vogliono essere un appello alla coscienza di ciascuno: “Sono una dei sei figli adulti di genitori gay che di recente hanno presentato degli amicus brief alla Corte Suprema statunitense chiedendole di rispettare l’autorità dei cittadini di mantenere la definizione originaria del matrimonio: un unione tra un uomo e una donna con l’esclusione di tutti gli altri, di modo che i figli possano conoscere i propri genitori biologici ed essere cresciuti da loro“.

Redazione

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