02/12/2014

Aborto post nascita: manipolare i termini per giustificare il crimine

L’aborto post nascita è giustificato da alcuni bioeticisti: cinici, ma coerenti con la loro convinzione. Se la madre ha disponibilità sulla vita del figlio che porta in grembo, l’avrà pure quando ne esce.

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

 La neolingua delle lobbies abortiste cerca di far passare per moralmente lecito l’infanticidio.

 La battaglia dei promotori dell’aborto si è sempre basata su un uso ambiguo e distorto delle parole allo scopo di modificare la mentalità corrente sui temi della vita.

L’ultimo eclatante esempio di questo modo strumentale di usare la “neolingua” lo hanno dato due bioeticisti italiani, Giubilini e Minerva, che hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics un articolo su quello che hanno definito “aborto post-nascita”.

I due autori affermano che il fatto di essere “umani” non attribuisce di per sé il diritto alla vita. Sarebbe piuttosto l’essere “persona” che conferirebbe questo diritto. Sarebbe persona solo l’individuo capace di attribuire un qualche valore alla sua esistenza. Quindi l’essere persona dipende dal possesso di autocoscienza. Un essere umano all’inizio della sua esistenza è persona solo “potenzialmente” ma non ancora a tutti gli effetti. Di conseguenza non può essere danneggiata se le viene negato il diritto alla vita. Gli autori affermano che le legislazioni abortiste sono lecite perché la “scelta” delle donne non lede il diritto di nessuno, non “danneggia” nessuna “persona”. E aggiungono, con la loro logica: perché mai dovremmo limitare questo esercizio di un diritto ad un determinato periodo della gravidanza? L’“autocoscienza” si forma più avanti nella vita delle persone, per cui non ci sarebbe nulla di strano nel consentire “l’aborto post-nascita”, fino al momento in cui gli specialisti come i neurologi dicono che è possibile, perché i neonati non sono ancora in grado di autocoscienza. E poiché si tratta di non-persone non ci dovrebbero essere limitazioni alla possibilità di ucciderli: la decisione dipenderebbe solo da genitori e parenti che, essendo “persone in atto”, potrebbero subire un qualche danno dall’esistenza del “bambino-non-ancora- persona”.

Non possiamo stupirci di queste dotte argomentazioni quando tutti i giorni l’aborto viene usato per applicare l’eugenetica su larga scala o come contraccezione “di ultima istanza”!

Né c’è bisogno di sottolineare l’immoralità di questa posizione. Può essere però utile far vedere come l’applicazione logica di questa “teoria” potrebbe ritorcersi contro quella stessa mentalità radicale e progressista che la promuove. Ad esempio l’articolo Giubilini e Minerva può servire ad accettare l’eliminazione delle bambine prima e dopo la nascita che avviene in paesi come l’India e la Cina, oppure di neonati appartenenti a gruppi etnici “indesiderati”. Questa teoria, inoltre, giustifica l’egoismo intergenerazionale: perché quelli che sono persone ora dovrebbero preoccuparsi del bene dei loro discendenti che ancora non sono persone? Perché dovremmo preoccuparci di non consumare le risorse non rinnovabili o di evitare catastrofi climatiche?

Ma è così che le lobbies anti vita avviano le loro battaglie. Si parte con discussioni accademiche e con posizioni estreme per spostare il confine tra il giusto e l’ingiusto più in là; e nello stesso tempo si introducono nuove parole per nascondere vecchie ingiustizie. E così l’infanticidio diventa “aborto post-nascita” e il giudizio del neurologo serve ad addormentare le coscienze.

Tuttavia, l’articolo, nella sua immoralità, offre un argomento molto interessante per il movimento pro-life. Trasformando l’infanticidio in un aborto post-nascita svela definitivamente la menzogna stessa dell’aborto: che non è altro che un “infanticidio pre-nascita”. Potranno essere approvate mille leggi per legalizzarlo, magari molto “restrittive”, o che dichiarano l’aborto un male che però è purtroppo inevitabile e quindi va “regolamentato”. L’aborto volontario continuerà ad essere quello che è sempre stato: l’uccisione del più piccolo tra i piccoli, l’uccisione di un bambino non ancora nato.

 

Benedetto Rocchi

Tratto da NotizieProVita n.9 – Novembre 2012 – Pag 18

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