15/06/2018

Aborto non è scelta: oltre a Letizia, anche Rosanna

Il caso di Vicenza, accaduto il 12 giugno scorso, è emblematico di una realtà scomoda che la propaganda pro aborto vuole assolutamente celare: «Siamo certi  – scrivono sul loro portale i volontari dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII – che una mamma non abortirebbe mai il suo bambino. C’è sempre qualcuno o qualcosa che la induce a farlo. Ci sono persone che non vogliono questo bambino perché interferisce con i loro progetti, perché è fonte di imbarazzo e di vergogna, perché obbliga ad assumersi delle responsabilità. Pressioni spesso mascherate da consigli volti al bene della futura madre ma che si traducono anche in minacce, ricatti affettivi, inganni e violenze».

Riproponiamo ai nostri Lettori alcune testimonianze che ci hanno fornito proprio i volontari della Papa Giovanni XXIII, nel corso della loro campagna di qualche anno fa contro l’istigazione all’aborto.

Questa è stata pubblicata nell’aprile del 2014 nella nostra rivista mensile Notizie ProVita (qui per info).

Aborto e storia di istigazione: Rosanna

Continua la campagna della Comunità Papa Giovanni XXIII contro l’istigazione all’aborto. Quello che viene sbandierato come il “diritto alla scelta” offre in realtà la copertura legale ad abusi e violenze inimmaginabili, a volte – come in questo caso – con la connivenza di chi proprio non dovrebbe e non potrebbe mai accettare la soppressione di una vita innocente.

La Comunità ha aperto un numero verde per segnalare storie di istigazione: 800.035.036.

«Vorrei continuare, ma da sola non ce la faccio!». Troppo spesso la legge consente che la madre sia lasciata completamente sola con chi le prospetta come unica “soluzione” l’aborto.  

Abbiamo già visto quanto spesso i genitori siano in grado di condizionare i figli verso l’aborto. Questo non accade solo quando le figlie sono molto giovani, e dunque ancora dipendenti psicologicamente ed economicamente: accade anche se hanno già una vita autonoma, marito, figli... i genitori non esitano a esprimere la loro contrarietà. Tante volte l’alleanza partner-genitori ha la forza di vincere le resistenze della donna, che si trova accerchiata e sola.

L’azione è ancora più pericolosa quando la donna soffre di problemi psichici: in questo caso tanti genitori si arrogano il diritto di decidere “per il bene della figlia”, perché lei sarebbe incapace di accudire il bimbo, e così le impongono la soluzione più tremenda, senza ascoltarla, senza cercare strade alternative, senza pensare a quanto una psiche già fragile possa essere segnata dall’aborto. Eppure esse gridano il loro desiderio di accogliere il piccolino che vive in loro: si parla tanto di rispetto per le decisioni delle donne, perché in questo caso nessuno le rispetta?

Ecco cosa  è capitato a Rosanna (nome di fantasia). 

«Conosco Rosanna, una giovane donna che soffre per disturbi psichici. In occasione di un ricovero conosce un ragazzo, anch’egli in trattamento. Iniziano una relazione, lei a un certo punto va a stare da lui. Desidera avere un figlio con lui, e dopo poco rimane incinta.

Ma appena le famiglie vengono a sapere di questa gravidanza, decidono che questo bambino è di troppo. In pochi giorni la famiglia di lui lo plagia, convincendolo che questa relazione non va bene, e così lui manda Rosanna fuori di casa. Lei ritorna dai suoi, ma anche qui non va meglio.
Va al consultorio, l’operatrice mette in contatto madre e figlia con la comunità Papa Giovanni XXIII di Don Oreste Benzi. “Io vorrei continuare la gravidanza, ma ho bisogno di qualcuno al mio fianco, perché da sola non ce faccio!” supplica lei nel primo incontro. Ma sua madre rifiuta un aiuto esterno.

Un giorno lei mi telefona, vuole parlare perché ha tante pressioni per interrompere una gravidanza che lei vorrebbe portare a termine.

Mi colpisce perché sento il suo dolore per l’attaccamento consapevole alla creatura che porta in grembo.

Ci incontriamo, la incoraggio ad ascoltare il desiderio del suo cuore e la invito a farsi sostenere dagli amici della comunità di Don Benzi, con cui noto con sollievo che continua un fitto rapporto.

Così passa qualche tempo ed io spero che tutto si possa risolvere rapidamente.

Ma improvvisamente vengo avvertito che la situazione sta precipitando e di lì a poco andrà ad abortire.

Proviamo a parlare con la madre che non ha dubbi. Mi dice che non può concepire che il suo nipotino stia con due genitori malati di mente; che ne sarà di lui? Sono incredulo. Cerco le parole per risponderle che non è certo uccidendolo che il problema si risolve.

Coinvolgo amici per pregare per questa situazione gravissima. Interesso un sacerdote che immediatamente mi chiede di portarlo ad incontrare la mia amica.

Ma alla fine lei di fronte alla fermezza della madre cede e si convince che abortire sia la soluzione più giusta, e così avviene».

Andrea Mazzi

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