15/04/2018

Aborto – “Lettera a una donna ferita”

Rilanciamo in forma integrale uno scritto molto profondo dell’ostetrica Flora Gualdani rivolto alle donne che hanno avuto un aborto, pubblicato su I quaderni di spiritualità betlemita, quaderno n. 11 – marzo 2018, Casa Betlemme (Arezzo). 

Aborto – Lettera a una donna ferita

Introduzione

In questa lettera ho condensato una mia “ricetta” che utilizzo da decenni per aiutare le donne che soffrono del trauma post aborto. Tra le diverse migliaia di donne seguite durante la mia professione e quelle accolte qui a Casa Betlemme, mi sono presa cura infatti non soltanto delle maternità più difficili ma anche delle maternità negate. Cioè di quelle donne che all’inizio, sotto condizionamenti e pressioni di genere vario, hanno preferito fare una scelta diversa e poi le ho viste tornare, magari a distanza di decenni e con i capelli imbiancati, a portarmi il loro tormento che riemergeva e non passa.

Come qualcuno ha detto, al di là delle ideologie e dei convincimenti, la realtà è che dopo ogni aborto abbiamo inevitabilmente sempre lo stesso drammatico referto: “un morto e un ferito”. Ferito è il cuore della donna. Che con l’aborto si infligge una ferita viscerale, profonda. Perché viscerale e indelebile è la sua maternità. Non esiste farmaco o psicoterapia capace di sanare quella ferita. È soltanto Gesù “il farmaco” che funziona: primario di tutti gli psicologi, Lui conosce fino in fondo il cuore di ognuno di noi. Un bravo medico può aiutarti a tirare fuori il tormento. Ma solo Gesù va oltre perché dopo averti tolto il tormento del peccato, ti riempie della sua Grazia e fa nuova la tua vita. Lui ama ed è miseri-cordioso: cioè scende con il cuore sopra le nostre miserie.  Pagandole tutte con il suo sangue sulla Croce.

Nella cosiddetta pastorale della vicinanza, questo tipo di servizio lo svolgo da sempre personalmente e in solitudine, nella massima riservatezza. Farsi carico di un simile dolore è una cosa talmente delicata che non posso avere a fianco collaboratori o delegare: è un rapporto diretto tra me e quella donna ferita. Sono lunghi colloqui di andata e ritorno. Di notte e di giorno. Non è uno sportello e non ci sono orari. È abbracciare completamente la sofferenza di una persona. Occorre molto ascolto, dialogo e tanta tenerezza, a cui affianco un percorso di preghiera e di catechesi sul battesimo.

Ci vuole un lungo cammino di recupero, paziente e personalizzato tra spiritualità e psicologia. Fatto a tappe. A volte c’è stato il seppellimento segreto dell’embrione o del feto. Ho accompagnato in questo cammino tante donne, di ogni livello culturale, fino alla guarigione. E spesso con una riscoperta della fede.

E’ un cammino di riconciliazione in cui le donne credenti di solito giungono alla confessione, il sacramento che le riconcilia con Dio (cfr. Evangelium vitaen. 99). Ma nella mia esperienza ho constatato che l’opera del confessionale va completata con questo accompagnamento psicologico e pratico, perché è essenziale anche un secondo passaggio: la riconciliazione delle donne con il loro figlio. Poichè il Sangue di Cristo cancella il peccato ma non cancella quel figlio, che esisterà per sempre.

Alla fine di questo percorso alcune donne me le sono viste arrivare nella cappella di Casa Betlemme con un cesto pieno di bomboniere: portavano il desiderio straripante di festeggiare la loro rinascita come madri e la loro riconciliazione con il figlio. Donne che ti dicono: «Flora, tu non puoi capire cosa mi hai regalato con quel battesimo: mi hai ricongiunto al mio bambino. Ora so che vive, e lo vedrò! Così per me l’oggi è già eternità. Perché parlo con il mio bambino e lo chiamo per nome».

Arrivano qui a Casa Betlemme anche da fuori regione. Incontri su appuntamento che metto continuamente in agenda.

La “ricetta” di cui parlo, che ho messo a punto con tanta esperienza sul campo, si basa essenzialmente sullo sguardo della trascendenza e sulla divina misericordia. La sua potente efficacia è visibile nel volto trasfigurato di tante donne ferite che ho visto risorgere. Un volto che ti tocca e ti commuove.

È una “ricetta” che ho portato dai marciapiedi alle università.

Questa lettera è indirizzata ad una donna senza nome, ma rappresenta il volto concreto e la storia vera di tutte quelle che ho conosciuto.

26 febbraio, San Porfirio

Cara amica dal cuore ferito, ti propongo un percorso di guarigione, con la potenza di Gesù Misericordioso e il Cuore Materno di Maria.

È un percorso verso la Speranza.

Un passare dalla morte alla vita.

Non pensare più alla fine del tuo bambino, all’interruzione della sua vita. Pensa che è vivo.

Il ginecologo ha distrutto sì il suo corpo, ma non ha avuto potere sulla sua persona, che è proprietà di Dio.

Satana fa festa per una morte violenta, ma la vittoria non è sua.

È Gesù il Signore della vita, che ha vinto la morte.

L’uomo è immortale, è realtà eterna.

Pensa che il tuo Bambino vive e un giorno lo incontrerai.

L’anima, che lo Spirito Santo gli ha infuso nell’istante del concepimento, è da subito completa e immortale.

Un giorno o mille anni sono la stessa cosa, riguardo al valore della persona.

Si pensa che più grandi più importanti. No.

Più piccoli più innocenti.

Il Santo papa Giovanni Paolo II ha detto: «dobbiamo cambiare atteggiamento verso il Bambino Concepito, è Persona umana».

Parla di concepimento.

Giovane donna, sii serena, anzi rallegrati perché nel momento del transito (IVG) c’era Maria ad accoglierlo per trasferirlo nel giardino del Cielo.

Ha accolto il tuo (ora suo) bambino, come ha accolto, abbracciandolo, Gesù deposto dalla Croce.

E tutta la famiglia celeste lo ha ricevuto con tanto amore: cantando.

Ora vive in braccio a Lei, la dolce Mamma di tutti.

Lui prega per te, resti per sempre la sua mamma e ti è riconoscente d’averlo generato. Ti ama.

In Cielo non esiste il male.

Questo è il bene operato dalla potenza del Sangue preziosissimo di Gesù Cristo.

E un giorno tutto fiorirà, fiorirà ogni germoglio reciso, finito non è.

Nel bidone comune è andato a dormire.

Ma quell’occhio vedrà, e il suo sguardo col tuo in eterno s’incontrerà.

Allora tutto fiorirà.

Fiorirà quel che ora storia non ha.

Nonostante l’aborto (indipendentemente da ideologie e religioni) abbia ferito la tua natura femminile, visceralmente materna nel corpo, nella mente e nel cuore, tu non sentirti abitata dall’irreparabile. Non commiserarti e non crogiolarti nel tuo dolore che vorrebbe gettarti nella depressione.

Se il tuo bambino lo hai rinviato al Mittente, pensa che il Padre porta a compimento ogni sua opera.

Se non lo hai ancora fatto, dagli un nome e consegnalo a Gesù Bambino.

Così quando vuoi, o quando sei abbattuta, puoi chiamarlo, parlargli.

Non sforzarti di pensare ad altro per dimenticare, parla con lui.

Il legame che vi unisce è più forte della morte.

L’amore sopravvive alla morte.

E quando il cordone è ricongiunto, puoi chiedere aiuto al tuo bambino.

E sentirlo vicino.

È lui che cura la tua ferita.

Per un percorso di guarigione ti consiglio di riscoprire

il valore del sacramento del Battesimo.

Il Battesimo rimette il peccato e la pena.

Fa partecipare alla vita trinitaria, incorpora a Cristo e alla Chiesa.

Mette in comunione con tutti i cristiani.

Con il Battesimo si appartiene per sempre a Cristo e si riceve il Suo sigillo indelebile.

Questo ci insegna il Catechismo.

Il battezzato riceve nella Chiesa il proprio nome al quale ha diritto. Nome che rimane in eterno.

Dio Padre conosce e chiama ciascuno per nome.

E tu resti la madre di un vivente, la tua maternità non è morta, non può morire.

Perché generare è più grande che distruggere.

Chi genera, genera per l’eternità.

È il pesante fardello del rimorso che deve scomparire, per poter vivere nella pace.

Certe stime dicono che una donna su quattro abbia abortito almeno una volta.

Ma Cristo è morto per la salvezza di tutti.

Occorre alzare lo sguardo al cielo.

Con il senso dell’Eterno e la misura dell’Infinito tutto cambia.

E l’oggi è già eternità.

Scusami perché sicuramente non hai bisogno che ti dica questo, ma ti do un altro consiglio: riscopri la Confessione quale irradiazione di luce e di grande pace che emana con la liberazione dal peccato. Confessione come un nuovo Battesimo, per risorgere e tornare nel popolo dei salvati.

Tutti siamo salvati.

Si: Cristo è morto per la salvezza di tutti.

Per nostra fortuna l’amore di Dio è più grande della colpa, è superiore ad ogni delitto.

A Pasqua la Chiesa ci fa cantare felix culpa: “felice colpa che ci hai meritato un così grande Redentore”.

E con la riconciliazione riconquistata con il sacramento penitenziale puoi arrivare al Battesimo di desiderio e sangue del tuo piccolo. Se vuoi, puoi richiedermi modo e formule.

E sarà gran festa!

Non ascoltare chi ti dice che “non è successo niente”, e che dopo l’aborto “non c’è più nulla”.

Non dare retta se un medico ti volesse convincere che “non hai colpa perché tu non lo volevi

e quindi non pensarci più…”. No, no. Non è così. Nessun figlio di Dio finisce nel nulla.

O se un sacerdote, dopo l’assoluzione, ti dicesse “vai in pace, non c’è più niente…”, ricordati che quel sacramento ha cancellato il tuo peccato ma non il tuo bambino: che non è finito in un buco nero.

Perché è un figlio di Dio.

Cercare giustificazioni non dà pace perché tuo figlio è vivo!

E’ vita umana vera, irripetibile e insostituibile.

Avere altri figli non sostituisce quel vuoto.

Devi riabbracciarti serenamente con lui, per arrivare a non piangere più.

Il Cielo è popolato da milioni e milioni di questi bambini che non sono “angioletti”: sono bambini, salvati dal sangue di Cristo. Lui la Crocifissione l’ha patita per gli uomini, non per gli angeli.

Tutti quei bambini sono cantori della vita e seguono con gratitudine l’Agnello dovunque è.

E quindi sono partecipi con noi della Santa Messa e Adorazione Eucaristica.

La morte dei primigini non è inutile, nonostante il peccato che l’ha causata. Ora hanno una loro missione importante da compiere:

  • intercedere per la Resurrezione della mamma e di chi ha favorito la morte;
  • intercedere per aiutare altri bambini a nascere;
  • e cantare in eterno la gloria di Dio che li ha fatti esistere.

Per non isolarti e per evitare un rimuginare depressivo e angosciante, prendi un impegno di riparazione. Nessuno si salva da solo. Dare una mano è ricevere forza da un’altra mano.

Un pò del tempo che avresti dedicato al tuo cucciolo lo dedicherai ad un servizio di carità. A scelta. Possibilmente cerca di aiutare qualche mamma e/o bambino in difficoltà. Questo ti farà rifiorire.

Se sei credente prega. La preghiera dia il “la” alle tue giornate. E saranno feconde. Fai un cammino spirituale possibilmente in gruppo.

Se non sei credente, chiedi di credere. E vedrai un’altra luce. Contemplerai un’alba radiosa mai immaginata.

Se sei di altra religione, rispetta le buone norme che ti sono state trasmesse. E il tuo cuore rinascerà in una pace gioiosa.

Alleluja!

Ti abbraccio

Flora Gualdani

Fonte: Il Blog di Costanza Miriano

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