09/10/2023 di Alessia Battini

Aborto. Altro che difesa del nascituro, per i Radicali ci vorrebbe una 194 addirittura più cruenta

Mentre procede la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte”, i radicali portano avanti la loro personale battaglia: Misure di legge per la salute riproduttiva. “La legge pone un ostacolo alla tua libera scelta? Fallo fuori! Firma per un vero diritto all’aborto”, questo il terrificante slogan.

Precisiamo che è dal 1978, anno in cui è stata emanata la legge 194, che viene garantito, concretamente, il presunto “diritto” d’aborto, in quanto a nessuna donna che ne ha fatto richiesta è stato impedito di procedere.

Comunque, iniziamo ad analizzare questa nuova proposta che pretende di eliminare qualsiasi riferimento a percorsi alternativi all’aborto. Dobbiamo riconoscere che già attualmente questi sono previsti solo sulla carta, nella prassi dei consultori è raro che queste disposizioni vengano applicate, basti pensare alla recente polemica sull’inserimento di uno spazio per il CAV nel consultorio di Torino, però attualmente la legge le prevede e in altri luoghi, come la clinica Mangiagalli di Milano, lo sportello del CAV è presente da tempo. Togliendo l’obbligo di presentare delle alternative alla donna che si rivolge al consultorio, la possibilità di scelta viene completamente eliminata: l’unica soluzione proposta è l’aborto.

ABORTO: LO STATO DIA ALTERNATIVE CONCRETE ALLE DONNE! - FIRMA QUI!

L’aborto può essere infatti effettuato liberamente entro le prime 14 settimane, come recita l’articolo 3 della proposta di legge, mentre ad oggi il termine è stabilito a 90 giorni. Tutti i riferimenti ai motivi per accedere all’aborto, come il serio pericolo per la salute della donna, la violenza e le gravi anomalie del feto, previsti dall’articolo 4 della legge attualmente in vigore, sono stati cancellati dalla proposta dei Radicali. Forse anche per evitare di continuare con questa ipocrisia, dato che risultano talmente generici che qualunque motivo a supporto della scelta potrebbe essere considerato giuridicamente valido.

L’articolo 4 è quello che più fa riflettere, in quanto, in caso di aborto dopo la quattordicesima settimana, nelle situazioni già previste dagli articoli 6 e 7 della 194, non c’è più il dovere in capo al medico di tenere in vita il bambino qualora possa sopravvivere fuori dal grembo materno: questo significa che può essere ucciso anche al nono mese, appena prima del parto.

A conferma che quello che interessa ai Radicali non è garantire una possibilità di scelta consapevole alla donna, ma semplicemente portare all’estremo l’orribile pratica dell’aborto, l’articolo 5 stabilisce che «gli accertamenti non possono essere rivolti a condizionare la determinazione della persona gestante». Guai a farle sentire il battito del cuore del suo bambino! Sia mai che rendendosi conto che quello che ha nel grembo non è un grumo di cellule, ma una persona viva, decida di portare a termine la gravidanza.

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L’articolo 7 obbligherebbe poi tutti gli ospedali a praticare aborti, quindi anche quelli cattolici, e pone seri limiti all’obiezione di coscienza. Infatti, il personale medico interpellato non potrebbe opporsi al rilascio del certificato ai fini dell’interruzione di gravidanza. Inoltre, i ginecologi obiettori dovranno – secondo i Radicali - essere inseriti in una lista pubblica, come fosse una punizione, e in tutti gli ospedali almeno il 50% dei medici devono essere abortisti: questo sarebbe impossibile, dato che in Italia quasi il 70% del personale medico-sanitario è, per fortuna, obiettore.

Per quanto riguarda i casi di aborto di minorenni, l’articolo 10 della proposta di legge riprende la disciplina della 194, con alcune differenze: la ragazza che ha almeno 16 anni di età viene equiparata a una maggiorenne, e non ha l’obbligo di informare i genitori. Sotto i 16 anni si parla di “assenso” dei genitori, ma nella prassi si tratta semplicemente di informarli: in caso di diniego sarà un giudice tutelare a verificare che la ragazza scelga in piena libertà (a 14 anni…).

L’unico aspetto positivo dell’aberrante proposta è l’articolo 11: l’obbligo per il personale sanitario di informare la donna sul fatto che può seppellire il “prodotto dell’aborto”. Il fatto che sia possibile seppellirlo è già previsto dall’articolo 7 del regolamento di polizia mortuaria, purtroppo però, in molti ospedali non viene data comunicazione alle donne e innumerevoli bambini vengono smaltiti nei rifiuti speciali.

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Seppur questa proposta abbia fatto talmente poco rumore che difficilmente raccoglierà anche solo le firme necessarie per essere discussa in Parlamento, intanto c’è stata. Questa strategia però non è casuale: il fatto di portare all’estremo una legge che garantisce già tutte le tutele possibili alle donne che vogliono abortire, e di cui vengono troppo spesso trascurate le parti (poche) che incentivano la maternità, è un modo per non abbassare mai la guardia, per continuare a spingere sempre di più nell’attacco alla vita. Per questo noi dobbiamo essere sempre vigili e pronti a difenderla.

 

 

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