19/01/2018

Aiutare "a far nascere il Bambino" si può ancora. Tu puoi.

Continua la raccolta fondi che saranno devoluti alla Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus: per “far nascere il Bambino”, come scrivevamo prima di Natale, perché «ogni bambino che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini» (R. Tagore).

E’ davvero tanta la solitudine in cui si imbattono le famiglie che, oggi, si trovano ad affrontare una diagnosi prenatale patologica, per non parlare delle difficoltà e reticenze che si trovano di fronte, una mamma e un papà, quando decidono, in tali situazioni, che la vita del proprio bambino prevale su qualsiasi fredda logica di convenienza, personale o sociale, propinata loro per indirizzarli verso la strada dell’aborto. Parliamo di quelle logiche, preponderanti nella nostra società, che tentano di far apparire, in qualche modo lecito, ciò che è umanamente aberrante, ovvero l’eliminazione di una vita umana, l’uccisione di un bambino, che è tale (studi scientifici alla mano) fin dal momento del concepimento.

Lo scempio diventa ancora più grande quando la piccola vita, già di per sé indifesa, manifesta una fragilità estrema a causa di una patologia prenatale. È in questo contesto che, un genitore, già sofferente per la malattia diagnosticata in fase prenatale al bambino, viene spinto verso una scelta che lo segnerà irrimediabilmente: eliminare il bambino perché malato, giustificando il tutto come gesto di umanità e pietà o rifacendosi a motivazioni (non oggettivamente valutabili), come quelle sulla qualità della vita, o sull’opportunità di un certo tipo di scelta dal punto di vista sociale o meramente economico, e così via.

L’attuale schema sociale esercita una forte spinta in tal senso ma, per fortuna, c’è anche chi decide di andare contro corrente e di mettersi accanto a queste famiglie, per sostenerle nella scelta esattamente opposta, con l’obiettivo di gettare i semi di una cultura nuova: quella che guarda, da subito, al piccolo nascituro, come al “figlio”; quella che punta a formare una classe medica rispettosa della vita (si parla di “medicina condivisa”); quella che diffonde l’informazione (quella vera!) sui rischi reali di alcune patologie e sulle attuali possibilità di cura attraverso strutture specialistiche (un es. è rappresentato dall’Hospice Perinatale del Policlinico Gemelli di Roma), che incentiva gli studi scientifici volti a curare, o a migliorare, lo stato delle patologie di questi “piccoli pazienti” o che, quando non si riesce a curare, sceglie la strada dell’accompagnamento del bambino garantendo tutta la cura, il rispetto e l’amore di cui il piccolo e la sua famiglia necessitano.

È questa la mission della Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus che vuole creare una condizione di “pari opportunità” per tutte quelle famiglie che decidono di seguire la voce del loro cuore (o per meglio dire, del loro bambino), che decidono di essere genitori fino in fondo, di difendere la vita dei loro figli anche nelle condizioni più estreme, contro tutto e contro tutti, perché l’amore di un genitore verso un figlio non è soggetto a condizioni e non può essere sottoposto al giudizio altrui.

Il Cuore in una Goccia, attraverso i suoi rami operativi (medico-scientifico, familiare – testimoniale e spirituale) vuole mettersi accanto alle mamme, ai bambini e alle famiglie che
si trovano ad affrontare la patologia prenatale, offrendo un’assistenza sotto tutti i punti di vista: medica, psicologica, affettiva, spirituale ed economica. Vuole affermare un “diritto alla scelta della vita”, oggi, di fatto, negato a tante famiglie. Ebbene, sì! Esiste un diritto all’aborto ma non uno che difenda le famiglie dall’induzione all’aborto esercitata attraverso la cattiva informazione, l’amplificazione del rischio legato alle patologie, le consulenze mediche condotte fuori da ogni schema professionale (basta, a titolo di esempio, riportare alcune delle frasi citate nei racconti delle famiglie: da “suo figlio è un mostro!” a “tanto ‘questo’ muore”, riferito ad un bambino in grembo alla mamma, giusto per rendere l’idea), e così via.

Per fortuna, molte volte, la tenacia di alcuni genitori prevale su tutte queste condizioni e, con l’aiuto di chi, come il Cuore in una Goccia, si oppone a questa “cultura di morte”, tante piccole vite sono state salvate.

Per comprendere meglio ciò di cui parliamo, vi proponiamo la lettura di una delle “testimonianze” delle famiglie che fanno parte del Cuore in una Goccia, le cosiddette “famiglie testimoni” che, insieme alla fondazione, hanno trasformato la loro esperienza di dolore in un messaggio di speranza indirizzato a chi, oggi, si trova ad affrontare una patologia prenatale: leggete qui la storia di Camilla.

Redazione

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