07/02/2019

Omosessualismo a Vicenza: dalla neolingua al neopensiero

* Aggiornamento:

In data 27 gennaio 2019, pubblicavamo il seguente articolo con il titolo Vicenza, omosessualismo in chiesa: la Rivoluzione che avanza. Dopo una segnalazione errata, siamo stati informati che i Chiostri di Santa Corona non sono una chiesa bensì un museo. Ripubblichiamo l’articolo opportunamente modificato, prendendo atto dell’estraneità della  Curia alla vicenda.

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«Nella prestigiosa cornice dei Chiostri di Santa Corona, presenteremo assieme all’autore il libro Quando Eravamo Froci, uno spaccato della condizione omosessuale italiana ai tempi della Dolce Vita. Andrea Pini, tra foto e interviste raccolte nel suo libro, ci accompagnerà in un viaggio storico, quando la vita per gli omosessuali non era affatto “gaia”, anzi era nascosta…». Con queste parole, l’organizzazione Vicenza Pride segnalava sul proprio sito web la giornata di apertura dei sei mesi di eventi che precederanno il gay pride a Vicenza in questo 2019. La presentazione del libro si è tenuta precisamente il 19 gennaio, e in quell’occasione c’è stato anche il taglio del nastro per l’inaugurazione di questo “semestre arcobaleno” (non bastano più i gay pride di un giorno, ora bisogna omosessualizzare tutto il calendario), con tanto di saluto dell’assessore alle pari opportunità Valeria Porelli.

L’iniziativa mira a evidenziare il “riscatto” sociale degli omosessuali, come liberati da un’ingiusta oppressione. In verità, la cultura di un tempo, in larga parte, aveva ben chiaro il significato della sessualità e la portata sociale della legge morale; senza, con ciò, voler avallare i maltrattamenti, di ieri o di oggi, rivolti alle persone con tendenze omosessuali, va detto a chiare lettere che la mancanza di “riconoscimento sociale” che vigeva tempo fa, era un semplice riflesso dell’ordine naturale. La società sta o cade con il rispetto di quest’ordine che ne è la base, perché è evidente che le inclinazioni degli individui non si giustificano da sé. Chi ancora non si è assuefatto al torpore buonista che dipinge questa realtà a tinte fosche con i colori dell’arcobaleno, sa bene che siamo in guerra. Una guerra la cui posta in gioco non è la concessione/negazione di pseudo-diritti a una minoranza discriminata, bensì la socializzazione del contro-natura e la demolizione dell’ordine naturale che regge la società.

Un tempo, ci dice il libro citato, erano “froci”; oggi sono “omosessuali”: termine che già da solo rappresenta una vittoria dell’omosessualismo, perché ha introdotto nel linguaggio (e quindi nel pensiero) comune la distinzione tra “omo” ed “etero” sessualità, come se questa potesse andare, indifferentemente, in un senso o nell’altro. La sessualità, come abbiamo già illustrato chiaramente, non è né etero né omo: è una sola, e si definisce “dimorfa”, ossia fondata sull’unione di due forme diverse e complementari, quella maschile e quella femminile, potenzialmente feconda. Ebbene, nonostante la cosiddetta “omosessualità” non sia prevista dall’ordine naturale, gli attivisti del fronte arcobaleno sono riusciti a ricavarsi spazi sociali per reclamare quei diritti che spettano esclusivamente alla famiglia in quanto naturale: matrimonio, generazione e cura della prole.

Oggi, a doversi nascondere, sono coloro che si permettono di ribadire simili ovvietà.

Vincenzo Gubitosi

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