20/11/2023 di Luca Marcolivio

Veneto. Valdegamberi (Misto): «Proponiamo ddl cure palliative per contrastare eutanasia»

Stefano Valdegamberi (Gruppo Misto) è uno dei due consiglieri regionali del Veneto che, alcuni mesi fa, si erano opposti alla mozione sul fine vita. Oggi, evitando di stare soltanto sulla difensiva, Valdegamberi ha avanzato lui stesso una proposta di legge, che incentiverebbe le cure palliative all’interno del sistema sanitario veneto, con fondi di almeno un milione di euro. Come spiegato a Pro Vita & Famiglia dallo stesso consigliere, in questo modo si potrà prevenire ogni richiesta di eutanasia: ogni malato grave disporrebbe, assieme ai suoi cari, di tutta l’assistenza necessaria per essere accompagnato alla morte naturale nella maniera più serena possibile.

Onorevole Valdegamberi, la sua proposta di legge regionale è una risposta alla proposta di legge sull’eutanasia in Veneto?

«Di certo approccia al tema del fine vita da un punto di vista totalmente diverso. Da quella parte c’è l’idea della persona come un problema da risolvere, dalla parte nostra il problema non è la persona ma il fatto che spesso le persone si ritrovano senza cure adeguate, ovvero senza cure palliative. Va garantito il totale supporto al paziente, alla famiglia e alle persone che se ne prendono carico. Un malato non deve diventare un problema aggiuntivo, né va messo nelle condizioni di sentirsi un peso o un costo per la famiglia, al punto da pensare che vale la pena farla finita. La mia idea è stata quindi quella di proporre una legge regionale che rafforzasse le legislazioni nazionale e regionale già esistenti. Oggi in Italia, le terapie anti-dolore sono coperte al 35%, qui in Veneto va meglio che nel resto d’Italia ma, in generale, s’è ancora molta strada da fare».

Tecnicamente, in cosa consiste la sua proposta di legge?

«È previsto il sostegno economico a tutti i familiari e alle persone che forniscono assistenza, aiuto e supporto alla persona malata. È previsto anche un osservatorio per monitorare lo stato di attuazione di queste misure. C’è quindi un’impostazione pro-vita: partiamo dal problema per darvi una soluzione, non togliamo la persona per togliere il problema».

La sua proposta e quella sull’eutanasia sono giuridicamente incompatibili?

«Non sono incompatibili, comunque ci sono degli studi da cui sappiamo che chi è tentato dal suicidio non è mai completamente libero ma è vittima di condizionamenti che vanno dai propri problemi di salute ai problemi economici della famiglia. Spesso questi pazienti si sentono in colpa, per via di una società che si chiede perché debbano spendere soldi per curarli. C’è quindi un senso di abbandono e di isolamento che, con questa legge, vorremmo combattere, sviluppando al massimo le cure palliative e la terapia del dolore, ma anche creando una rete di supporto e di sostegno alle persone in stato di bisogno. Questa legge si pone nell’ottica della dignità della persona, che vale anche nel momento in cui non è più “efficiente”, né “utile”, perché ammalata. Lo Stato, quindi, ha il dovere di non far pesare questo problema sulla coscienza del malato, inducendolo alla pseudo-libertà del suicidio. Lo Stato dovrebbe, piuttosto, cercare di dire: fino al tuo ultimo respiro, ti do la possibilità di vivere dignitosamente supportato dai tuoi affetti, accompagnandoti alla morte in modo dignitoso, senza provocarla e senza che tu ti senta abbandonato da tutti».

Ritiene che, se sviluppate ai livelli più avanzati – nella vostra Regione, come ovunque – le cure palliative possano ridurre al minimo le domande di eutanasia?

«In uno studio dell’Università di Padova, ho visto dei dati che spiegano proprio come, in presenza di norme come la nostra, la domanda di eutanasia si ridimensiona notevolmente fino quasi ad azzerarsi. Quindi, se è vero tutto questo, vuol dire che, prima di parlare di soppressione della vita, dovremmo lavorare per migliorare questo aspetto. Il rischio è che, in un momento in cui vi sono poche risorse per la sanità e l’invecchiamento della popolazione porta costi sociali altissimi, per lo Stato sia comodo legittimare il diritto al suicidio. È veramente grave tutto questo ma diventerà una nuova schiavitù per le persone, non una liberazione, come dice qualcuno. Il ragionamento è questo: se devi morire, perché lasciarti morire tra due mesi? Acceleriamo la morte, così costerai meno… Dico questo, guardando alle esperienze di altri Paesi, dove si è arrivati a dire che puoi decidere da te di toglierti liberamente la vita ma questa è un’ipocrisia assoluta. Compito dello Stato è quello di eliminare tutte le condizioni che possano indurre una persona a togliersi la vita».

 

 

 

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