10/08/2020 di Luca Marcolivio

Università D’Annunzio di Chieti-Pescara lancia l’“Alias” per i transgender. Ma gli studenti non ci stanno…

Un Alias per gli studenti che percepiscono se stessi come transgender: l’Università degli Studi “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara non è il primo e, probabilmente, non sarà l’ultimo ateneo ad adottare un provvedimento del genere. Un accorgimento burocratico valido soltanto all’interno dell’università che, nelle intenzioni del Comitato Unico di Garanzia proponente, dovrebbe permettere a tutte le persone coinvolte nelle attività dell’ateneo (studenti, docenti, personale amministrativo) di vivere la propria condizione di transizione in un contesto inclusivo e scevro dai pregiudizi.

A contestare l’innovazione è una parte significativa del Consiglio degli Studenti, che lamenta come, contestualmente, la dirigenza dell’Università “Gabriele D’Annunzio” abbia cancellato alcune misure di welfare interno, che prevedevano aiuti a studentesse in sopravvenuto stato di gravidanza e a studenti coinvolti nella perdita dell’immobile di residenza a causa di eventi sismici o altre calamità naturali. Nicola D’Ambrosio, studente in medicina presso l’ateneo abruzzese e membro del Consiglio d’Amministrazione degli Studenti, ha spiegato a Pro Vita & Famiglia i termini della questione.

 

In cosa consiste il regolamento emanato dal vostro rettore lo scorso 27 luglio?

«Si tratta di un tipo di disposizione già vigente in altri atenei italiani: penso all’Università Statale di Milano, a quelle di Brescia e Genova, a “La Sapienza” e Roma Tre, che hanno implementato questi regolamenti, recependo le linee guida approvate qualche anno fa dall’allora Ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Sono linee guida che intenderebbero tutelare gli studenti che stanno vivendo la transizione per il cambio di genere. Assieme ai rappresentanti del Consiglio degli Studenti abbiamo provato a chiedere perché si sentisse la necessità di un provvedimento del genere. Abbiamo osservato che solo se una persona non ha completato le procedure per il cambiamento di sesso, il Comune di residenza può rilasciarti il nuovo documento con su specificato il nuovo genere. Ci siamo chiesti, quindi, perché fosse necessario andare a implementare con queste disposizioni, una situazione che non si era ancora realizzata. Ci hanno argomentato che, in questo modo si vuol venire incontro al disagio e al malessere interiore dell’ipotetico studente che si trovi in queste condizioni. A tale scopo è stato anche fatto un sondaggio nella nostra università ma non so bene di che natura, perché i dati non ci sono stati mai forniti. Mi risulta però che appena quattro studenti sui circa 27mila iscritti siano stati individuati come transgender».

Per transgender, intendono chiunque abbia avviato una cura ormonale o altre procedure bio-mediche oppure chiunque percepisca se stesso come tale?

«Secondo l’impostazione dell’Università “Gabriele D’Annunzio”, chiunque abbia una percezione di sé alterata, può chiedere la modifica dei documenti dell’università. Per cui se io mi alzassi una mattina, sentendomi donna e andassi all’università a chiedere di farmi chiamare “Elisabetta II”, potrei tranquillamente farlo! Un regolamento del genere, però, apre la strada ad una ipotetica invalidazione dei documenti forniti dall’università, perché, se di fatto io domani volessi presentarmi con un’autocertificazione al fine di godere di scontistiche concesse a studenti universitari, e mi presentassi con documentazioni universitarie che riportano un nome diverso da quello anagrafico, l’ente in questione potrebbe non accettarmi la richiesta. Ci è stato risposto che il problema non sussisteva…».

Chi è stato il promotore dell’Alias nel vostro ateneo?

«L’iniziativa è stata sollevata da alcuni esponenti dei sindacati, facenti parte del Comitato di Garanzia (ex Comitato Pari Opportunità). Evitando di cercare uno scontro ideologico, noi studenti abbiamo messo in rilievo le complicazioni burocratiche che questa disposizione rischia di creare. Ci hanno allora argomentato che le battaglie ideologiche di estrema destra dovrebbero rimanere fuori dall’università e che, trattandosi di linee guida ministeriali, loro possono farlo».

Ma l’Alias, in definitiva, che vantaggi comporta?

«Permette di cambiare nome e cognome su badge e tesserini dell’università. Null’altro, visto che di solito il sesso non è riportato nei nostri documenti. La cosa assurda, però, è che l’Università “Gabriele D’Annunzio” da sei anni non rilascia più alcun libretto cartaceo, né gli studenti che si immatricolano ricevono alcun documento. All’atto della pubblicazione dei risultati degli esami, lo studente viene identificato col numero di matricola in tutti i documenti ufficiali. Quindi non ha alcun senso. Ma c’è una cosa che è ancora più assurda…».

Di che si tratta?

«Siamo profondamente dispiaciuti del fatto che la settimana scorsa l’Università “Gabriele D’Annunzio”, per dei capricci burocratici, abbia cancellato le tutele per le studentesse in stato di gravidanza, che precedentemente potevano accedere a uno specifico fondo di solidarietà. Hanno preferito togliere questa tutela, perché, a detta loro, non riuscivano a definire a quanto ammontasse l’importo e si domandavano perché l’università dovesse assumersi tale funzione. Hanno cancellato questa misura a favore delle studentesse madri, nonostante la nostra richiesta di reintegrarlo. Ci chiediamo perché debbano esistere studenti di serie A e di serie B e perché alcune categorie più fragili siano meno tutelate di altre!».

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