13/11/2012

Tumore al seno, una speranza per le gravidanze

Il 30% dei medici, oncologi e di famiglia, consiglia l’aborto terapeutico se una giovane donna aspetta un bimbo dopo un tumore al seno, per la paura che la gravidanza possa causare una ripresa di malattia, dato l’altissimo livello di estrogeni tipico della gestazione: fino a 40.000 picogrammi/mL nell’ultimo mese, contro i 150-500 pg/mL tipici della donna in età fertile, a seconda della fase del ciclo considerata, e i 25-50 pg/mL usati nella terapia ormonale sostituiva dopo la menopausa.

Aborto: una decisione straziante per le donne e le coppie che vedono in un figlio desiderato una nuova promessa di vita e di speranza dopo tanto dolore. È corretto questo suggerimento? No! La gravidanza non è (più) controindicata dopo un tumore al seno: ecco l’ottima notizia emersa dall’eccellente conferenza di consenso europea sul “Cancro al seno nelle donne giovani”, tenutasi a Dublino dall’8 al 12 novembre, sotto l’egida della European School of Oncology, creata da Umberto Veronesi nel 1982. Uno studio poderoso multicentrico, coordinato dal Dr. H.A. Azim, dell’Università di Bruxelles, è stato condotto su 1207 donne giovani, di età inferiore ai 40 anni, affette da cancro al seno: 333 hanno cercato e avuto una gravidanza dopo diagnosi e terapie, le altre hanno costituito il gruppo di controllo.

Con cinque anni di monitoraggio dopo la gravidanza, un tempo eccellente in oncologia, lo studio ha dimostrato che: 1. la gravidanza non ha alcun effetto negativo sul futuro della donna che ha già affrontato la sfida pesantissima di un tumore così minaccioso per la sua femminilità e la sua vita; 2. questa “neutralità” resta identica nelle donne che abbiano avuto un tumore con recettori positivi per gli estrogeni, per le quali le preoccupazioni di una possibile ripresa di malattia erano maggiori che per quelle con recettori negativi; 3. non ha quindi più senso raccomandare un aborto terapeutico in caso di gravidanza dopo un tumore al seno: questo consente di evitare una decisione dolorosissima soprattutto se si tratta di un bambino a lungo sognato e desiderato. Un bambino che è insieme il figlio dell’amore per la vita, della speranza di farcela, della voglia di credere in un futuro finalmente più sereno e riconciliato con il destino; 4. anche dopo terapie importanti e pesanti, il rischio di malformazioni resta sovrapponibile alla popolazione generale (purché il concepimento avvenga dopo il completamento delle cure); 5. è possibile allattare dal seno non colpito da tumore e l’allattamento non è controindicato.

Riparlo di qualità della vita dopo tumore perché, oncologa io stessa, ho avuto modo di presentare e ascoltare diverse relazioni a congressi recenti: e ritengo utile condividere con lettori e lettrici quanto emerga di nuovo e positivo su un tema così delicato che, direttamente o indirettamente, può interessare tutti noi. Se la gravidanza non è più controindicata, diventa essenziale proteggere la fertilità prima di iniziare la chemioterapia, soprattutto se la donna è senza figli o desidera mantenere aperta la speranza di un altro bimbo. E’ necessario parlarne prima e offrire la possibilità della crioconservazione degli ovociti o di frammenti di ovaio: una metodica che consente di prelevare e salvare le cellule germinali, così da evitare la loro distruzione in caso di successiva chemioterapia.
Infine, quando si può pensare alla gravidanza? Due anni almeno dopo l’intervento, perché il rischio spontaneo di recidive è massimo durante questo intervallo di tempo. Se sono in corso terapie specifiche, bisognerà sospenderle e riprenderle dopo gravidanza e allattamento. Il tumore al seno nella donna giovane resta un problema serio, perché spesso la diagnosi è tardiva. E allora facciamo attenzione ai noduli mammari, non sempre benigni, anche se si è giovani, con accertamenti rigorosi, inclusa la biopsia quando indicata. Ad ogni età, la diagnosi precoce è la migliore garanzia di cure efficaci e di guarigione, aperta anche al progetto di un bimbo!

di Alessandra Graziottin

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