20/02/2019

Tanti “figli di” a sostegno della causa Lgbt: chi sono e il trend di moda

Un docufilm sugli stereotipi di genere, che intenderebbe mostrare come, fin dalla prima infanzia, bambini e bambine vengano “forzati” a seguire un’identità sessuale che sovente non corrisponderebbe loro. Poi, via via, la narrazione prosegue lungo i sentieri dell’adolescenza e della prima maturità, rivelando le frustrazioni e i dubbi affettivi di queste fasi della vita. Questi, in sintesi, i contenuti di Normal, presentato al Festival di Berlino, per la regia di Adele Tulli, 37 anni, interessata a tematiche Lgbt fin dalla sua tesi laurea.

Nel suo primo lavoro, 365 without 377, la Tulli aveva trattato il tabù dell’omosessualità in India, dove la sodomia era punita penalmente fino al 2009. Alla domanda di una giornalista, in merito al Ddl Pillon, la regista ha risposto che, fino a poco tempo fa, i «movimenti genderofobici» le erano sembrati «espressione di una parte minoritaria del mondo cattolico». Oggi, però, la questione «sta diventando inquietante», perché «sono questi movimenti ad aver sostenuto il Ddl in Parlamento».

Figlia di Serena Dandini, Adele Tulli non è certo l’unica figlia d’arte a essersi schierata in modo così esplicito per le cause omosessualiste. Si pensi ad Asia Argento, madrina del gay pride di Roma, nel 2016. «Siamo tutti gay. Anche io sono gay. La legge appena approvata sui diritti civili», aveva dichiarato l’attrice in quell’occasione, «non è nulla ed è piena di cavilli. È un piccolo passo. Il mondo Lgbt merita di più». Durante la manifestazione, aveva poi proclamato: «Non è una cosa politica, né religiosa, non è una questione di classe sociale, la libertà di amare. Questa è l’unica lotta che voglio insegnare ai miei figli».

Chi invece omosessuale lo è per davvero, è Naike Rivelli. La figlia di Ornella Muti ha fatto coming out ormai quasi un decennio fa. «La prima vera storia l’ho avuta a 27 anni con un’attrice italiana», dichiarò nel 2011. «Ero con lei in una scena saffica. È stata la mia amante per tre anni, in mezzo alle relazioni con due uomini». Anni dopo la Rivelli, che ha una figlia di 22 anni, avuta da un precedente compagno, ha avuto una relazione con l’ex concorrente del Grande Fratello, Siria De Fazio, la quale, rivelando quella liaison, dichiarò: «Converto le etero, anche Naike…».

Paladino di tutte le cause radical-chic – migranti compresi – è Alessandro Gassman. Nel 2015, gli fu domandato come avrebbe reagito alla notizia di un figlio gay: «Anche nella società in cui viviamo qui in Italia, se fosse gay purtroppo la vita non sarebbe facile per lui. Ma spero davvero in un cambiamento della società»Di Gassman è noto anche lo scontro via social con un altro figlio d’arte, Francesco Facchinetti. Ai tempi della discussione in Parlamento del Ddl Cirinnà, commentando alcuni cantanti che si erano esibiti a Sanremo con dei lustrini arcobaleno, Facchinetti aveva twittato: «Una cosa che mi irrita è questo ostentare il sostenere i diritti delle coppie GAY. Non ho nulla contro la cosa ma sembra veramente forzato». Puntuale era arrivata la replica di Alessandro Gassman: «@frafacchinetti non si tratta di ostentare ma di riconoscere, con i doveri, anche i diritti di TUTTI. Irritato?».

Il fenomeno – e non potrebbe essere altrimenti – è particolarmente diffuso nello star system internazionale. Il caso più clamoroso è quello di Chaz Bono, figlia di Sonny Bono e Cher, e nata donna cinquant’anni fa col nome di Chastity Sun. Dichiaratamente lesbica dal 1990, Chastity è diventata in pochi anni un’icona gay, apparendo sulle copertine di riviste Lgbt, come Out e The Advocate. La giovane artista è diventata poi militante della Gay & Lesbian Alliance Against Defamation e della Human Rights Campaign. Nel 2008, Chastity ha iniziato la terapia ormonale, culminata con l’operazione e il cambio legale di sesso nel 2010.

Tornando all’Italia, la vicenda più articolata è sicuramente quella di Francesca Vecchioni, 43 anni, figlia del cantautore Roberto e della prima moglie di quest’ultimo. La Vecchioni afferma di aver scoperto la sua omosessualità negli anni del liceo. Nel 2012, grazie alla fecondazione artificiale, è diventata madre delle gemelle Cloe e Nina, nel corso della sua relazione con Alessandra Brogno. Al momento di comunicare ai genitori la decisione di “diventare mamme”, Francesca era rimasta sorpresa dalla serafica reazione del padre: «Ero tesissima, avevo paura che le loro perplessità mi avrebbero messa in crisi. Ma quando sentii mio padre dire che bisognava far sistemare subito l’altalena della casa di Desenzano, capii che non c’era nessun dubbio. Solo amore».

In seguito, le due donne si sono separate. «Facciamo i salti mortali per stare con le bambine, ci diamo il cambio tutte le volte che si può», aveva raccontato a tal proposito la Vecchioni nel 2015. «Certo, una differenza rispetto a due eterosessuali c’è: Ale, in Italia, non ha nessun diritto legale sulle sue figlie. È come se lo Stato obbligasse Nina e Cloe a fare a meno di un genitore, per legge». Tutto ciò fino al luglio 2018, quando grazie all’innovazione approvata dal Comune di Milano, la Brogno si è vista riconoscere dall’Ufficiale di Stato Civile il legame parentale con entrambe le bambine.

Un anno prima, Francesca Vecchioni, che è anche fondatrice dell’associazione Diversity, a sostegno della causa Lgbt, si era dichiarata rammaricata che nella legge sulle Unioni Civili fosse «rimasta fuori la tutela dei bambini, ossia quei bimbi che già vivono in famiglie con genitori dello stesso sesso che non possono essere tutelati legalmente dal genitore non biologico». Nella stessa intervista rilasciata a Vanity Fair, ha auspicato una legge contro l’hate speech, «che purtroppo in Italia non esiste ancora». «Chi alimenta l’odio nelle sue dichiarazioni pubbliche deve poter essere fermato, e questo va ben al di là dei temi Lgbt», ha dichiarato la Vecchioni.

Luca Marcolivio

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