12/03/2022 di Luca Volontè

Scozia, proposta per riconoscersi più facilmente dell’altro sesso. Ma le donne sono sul piede di guerra

Non c’è pace per le donne in Scozia. Il Governo della primo Ministro Sturgeon non dà tregua alle donne e cerca in tutti modi di imporre il transessualismo, ma cresce la protesta.

Molti gruppi e associazioni di donne minacciano azioni legali in seguito all’avanzamento dei giorni scorsi del progetto di legge del governo scozzese sulla riforma del riconoscimento di genere, che propone di permettere alle persone di cambiare il loro sesso in base ad una semplice autodichiarazione. Il segretario alla giustizia sociale Shona Robison ha presentato il progetto di legge a Holyrood (il Parlamento scozzese), nonostante le richieste di sospendere la legislazione per la preoccupazione diffusa che un sistema di auto-identificazione calpesti i diritti delle donne basati sul sesso.

Insomma, il governo scozzese sta dando agli uomini "un passaporto per entrare negli spazi monosessuali delle donne". Attualmente, gli scozzesi che desiderano "cambiare sesso" devono avere una diagnosi medica di disforia di genere e aver vissuto come un membro del loro sesso scelto per almeno due anni. Ma il nuovo progetto di legge propone di eliminare il requisito dell'approvazione di due medici e permettere invece a chiunque di cambiare sesso facendo una "dichiarazione personale".

Se approvato, ridurrebbe anche il tempo di attesa a soli sei mesi e abbasserebbe l'età in cui le persone possono richiedere un certificato di riconoscimento di genere da 18 a 16 anni. La professoressa Sarah Pedersen, dell'Università di Aberdeen, ha documentato l'ascesa di un "esercito di donne" pronte a sostenere coloro che denunciano i pericoli di dare agli uomini l'accesso a spazi sicuri per il solo sesso femminile. Il documento è arrivato prima che il governo scozzese presentasse un progetto di legge per rendere molto più facile per gli scozzesi dai 16 anni in su scegliere il proprio sesso. In un articolo pubblicato sullo Scottish Affairs Journal, infatti, la Pedersen ha detto che una "costellazione" nazionale di donne è emersa in "opposizione diretta ai piani del governo".

I partecipanti al progetto di ricerca includevano "donne ricercatrici, politiche, giornaliste e creative, e attiviste di base". L'accademica ha detto che parole "come 'pericolo' e 'allarme' sono state usate dagli intervistati per descrivere i loro sentimenti su come i cambiamenti proposti potrebbero avere un impatto sui diritti sessuali delle donne".

In linea con le scoperte del professoressa Pedersen, i rappresentanti di più di 15 gruppi di donne di tutta la Scozia hanno formato una coalizione che chiede di valorizzare i "servizi per un solo sesso". Il ‘Single Sex Providers Network’ sostiene infatti che molti lavoratori del settore "hanno paura di parlare pubblicamente per paura di perdere i finanziamenti per i loro servizi in nome dell'inclusività". Crede che ci siano "lavoratori là fuori che si sentono messi a tacere e compromessi dai cambiamenti culturali" guidati da una "posizione ideologica di genere" adottata ufficialmente.

C'è una diffusa preoccupazione tra gli attivisti, dunque, che permettere alle persone di cambiare il loro sesso sulla base di un'autodichiarazione calpesterebbe i diritti delle donne e comprometterebbe la sicurezza delle donne in spazi finora riservati solo a loro.

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