26/05/2014

Preparatevi all’educazione omosessuale ai disabili

Dopo l’ “assistenza sessuale” ai disabili sarà il turno dell’educazione omosessuale o meglio ancora alla “sessualità di genere”?

 

 

Educazione omosex per disabili

Nella scheda di presentazione del libro “Sesso e sessualità nei disturbi autistici” si legge che l’autrice – Wendy Lawson – affetta lei stessa da disturbi autistici, “è stata sposata per vent’anni, ha avuto quattro figli e oggi è impegnata in una relazione omosessuale con un’amica di lunga data”. Tra i contenuti del libro segnaliamo il capitolo V: “scoprire l’omosessualità, la bisessualità e le tendenze transessuali”. Spigolando qua e la in questo capitolo possiamo leggere: “Il genere sessuale cui apparteniamo non ci obbliga a sentirci sentimentalmente e sessualmente attratti dal sesso opposto. In determinati periodi possiamo sentirci più a nostro agio indossando vestiti, svolgendo attività e assumendo atteggiamenti che sono solitamente associati all’altro sesso. Ad esempio, pur essendo una donna io preferisco indossare vestiti maschili. Essere omosessuali è una cosa altrettanto naturale e moralmente accettabile che essere eterosessuali. Credo che l’omosessualità faccia parte anch’essa di un progetto complessivo della natura volto a proteggere la specie umana e a garantirle la massima varietà evolutiva. Conosco donne che amano teneramente il marito e si prendono cura di lui, ma alle quali al tempo stesso manca l’intimità e il senso di vicinanza di una relazione lesbica”. Poi la Lawson tratta il tema della bisessualità: “Per alcune di queste persone accettare la propria bisessualità significa limitare drasticamente i propri desideri sessuali e relegarli tra le fantasie erotiche, mentre altre, per le quali l’immaginazione non è sufficiente, decidono di avere altri amanti oltre al partner. Come ha detto Woody Allen, ‘essere bisessuali raddoppia le probabilità di avere un appuntamento il sabato sera’. Che cosa si può fare quando si prova una così forte attrazione per entrambi i sessi? Significa forse che non apparteniamo né all’uno né all’altro sesso e che siamo condannati a dividerci in due? O vuol dire invece che esistono un terzo genere e una terza identità sessuale, altrettanto unitaria e ben definita delle altre due?”.  La Lawson poi spiega che anche le persone con autismo dovrebbero accettare il proprio orientamento sessuale sebbene la società remi contro questa scelta: “Se già […] avere un disturbo autistico ci colloca all’interno di una minoranza, essere autistici e al tempo stesso omosessuali significa far parte di un gruppo ancora più ristretto”. Ma nonostante ciò l’autrice conclude che “accettare di avere un disturbo autistico e di essere omosessuale sono state due scelte che sono felice di aver compiuto”.

Il libro

Fonte

Blu-Dental

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.