16/12/2021 di Giuliano Guzzo

Pecunia non olet. Arcigay a Dubai, dove davvero c'è l'omofobia, ma per parlare di. . . scuola!

Ufficialmente negli Emirati Arabi Uniti l'omosessualità è illegale. Certo, sappiamo che, principalmente per evitare cattiva pubblicità nei confronti dei turisti e di chi vi si reca per lavoro, le autorità preferiscono chiudere un occhio, intervenendo solo in casi dove si passa il limite. Però il fatto resta: da quelle parti, rivendicare pubblicamente le proprie tendenze Lgbt è penalmente perseguibile, si può anche andare in galera, sulle orme di quanto toccò ad Oscar Wilde (1854–1900).

Per questo ci si aspetterebbe, da parte delle associazioni Lgbt – che in Occidente si battono per nozze gay, adozioni omogenitoriali, maternità surrogata ed altro, tutto quasi inconcepibile in nazioni islamiche – un atteggiamento di intransigenza e di contrasto verso gli Emirati Arabi. Invece non è così, tutt’altro. Dalla sua pagina Facebook, infatti, scopriamo che Antinoo Arcigay Napoli lo scorso 7 dicembre è addirittura andata a Dubai, in occasione dell’EXPO, tenendo un convegno.

Ma sarà stato un convegno per denunciare la condizione omosessuale nei Paesi arabi, si penserà. E invece no: com’è la stessa Antinoo Arcigay Napoli a precisare, l’incontro a Dubai si è tenuto per «parlare di strumenti innovativi per valutare, mappare e costruire ambienti inclusivi all'Università». Già qui, dunque, c’è un aspetto quanto meno curioso: un’associazione arcobaleno va in un Paese dove gli omosessuali non possono, codici alla mano, vivere serenamente la loro condizione, ma ci va a parlare d’altro.

Curiosità numero due: salvo un improbabile caso di omonimia, Antinoo Arcigay Napoli è la stessa associazione che, poche settimane fa, è risultata destinataria di una somma ragguardevole – ben 100.000 euro – dall’Unar.

Ora, dato che in realtà quei soldi non sono, com’è noto, dell’Unar (tenuto solo ad amministrarli) bensì in definitiva dei contribuenti, viene da chiedersi se sia eticamente corretto che un’associazione che promuove legittimamente i propri interessi, ma comunque ideologicamente di parte, incassi soldi pubblici, anche se ancora non percepiti, per andare a parlare di tematiche così delicate riferite al mondo dell’istruzione e della scuola

Spiega, almeno in parte, questa seconda curiosità il fatto che nel defunto ddl Zan la previsione, si ricorderà, era quella di effettuare iniziative di stampo arcobaleno in «scuole di ogni ordine e grado». Dunque la gita all’EXPO potrebbe essere un modo, da parte in questo caso dell’Arcigay partenopea, di portare avanti con altri mezzi la propria battaglia e le proprie istanze. Il che non costituirebbe, si ripete, alcun problema, se di mezzo non ci fossero i soldi dei contribuenti, cioè di tutti noi, e se il tema trattato non fosse quello della scuola, ambito che non può e non deve subire ingerenze di sorta, essendo deputato alla formazione dei giovani.

Dato che però, a quanto risulta, nessuno ha finora sollevato il tema, se ne deve concludere che la missione araba di Antinoo Arcigay Napoli sia stata una cosa del tutto normale. Se ne prende atto. Basta solo che non si venga più, dopo precedenti simili, a rilanciare il tormentone dell’Italia come Paese stretto nella morsa dell’omofobia. Per un motivo semplice: così non è. Lo provano anche i dati recentemente diffusi dall’OCSE sui crimini d’odio, che dimostrano come i casi di violenza contro minoranza Lgbt, dal 2019 al 2020, in Italia si sono più che dimezzati, essendo passati da 51 a 22.

Qualcosa lascia sospettare che, invece, negli Emirati Arabi Uniti la musica sia ben diversa. Tuttavia, l’entusiasmo con cui, a spese di tutti, un’associazione arcobaleno si è recata a Dubai costituisce come si diceva un utile precedente, da tenere a mente per la prossima volta – che certamente non verrà a mancare – in cui si tenterà di raccontare che il Paese più intollerante e oscurantista sarebbe il nostro.

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