25/01/2023 di Fabrizio Cannone

Parigi, in migliaia nelle strade per la Marcia per la Vita

Domenica scorsa a Parigi tantissime persone, soprattutto giovani, hanno sfilato contro la inconcepibile e perfino indicibile “costituzionalizzazione” dell’aborto. E visto che la (mancata) protezione della vita in Francia rappresenta, anche per noi italiani, un caso paradigmatico, è bene inquadrarla in un contesto.

Dalla legge di mera tolleranza, ovvero non punibilità dell’aborto, promulgata nel 1975, si è passati alla progressiva liberalizzazione assoluta dei giorni nostri. Fino al nono mese se il feto presenta ipotetiche anomalie o difetti.

Le tappe intermedie della furia anti-bambini furono la piena gratuità dell’aborto nel 1982, l’allungamento da 10 a 12 settimane nel 2001 e la legge che criminalizza ogni “impedimento all’aborto” approvata nel 2016.

Foto di Olimpia Galimberti

Foto di Olimpia Galiberti

Ora, da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti, secondo le tradizioni giuridiche americane più chiare, ha definito che l’aborto come tale non è un diritto erga omnes a livello federale, gli spiriti di Emmanuel Macron e dei deputati di sinistra sono in ebollizione. E vorrebbero inserire il “diritto all’aborto” nella Costituzione della Repubblica. Accanto al diritto di voto, di parola, di associazione.

Contro questo delirio anti vita, la Marcia per la Vita di domenica scorsa ha quindi riaffermato «la dignità e il valore unico di ogni vita umana». Bambini sani e malati, portatori di handicap e anziani incurabili, tutti hanno uguale diritto alla vita, alla tutela, alla protezione e alla non discriminazione. Così come intenderà fare la prossima Manifestazione per la Vita in Italia, in programma il prossimo 20 maggio a Roma.

«Nella nostra anima e nella nostra coscienza - scrivono gli organizzatori - dobbiamo rifiutare la fatalità dell’aborto e dell’eutanasia». Anche per «ricostruire una società in cui la gravidanza sia sostenuta, le maternità difficili siano accompagnate e i medici non abbiano altro scopo che curare le persone vulnerabili».

Foto di Olimpia Galiberti

In Italia, l’impagabile azione del Movimento per la Vita di Carlo Casini, dei Cav e dell’associazionismo pro life come Pro Vita & Famiglia Onlus, hanno – nel corso degli anni - almeno diminuito, per quanto possibile, l’impatto sociale dell’aborto. E dagli oltre 200.000 aborti dei primi anni ’80, si è passati negli anni ’90, alla media di 100.000 Ivg e ora a meno di 80.000 (2020). Il trend, unito al costante aumento dei medici obiettori, dà speranza.

La Francia, invece, mantiene la stessa cifra degli anni ’70, con oltre 200.000 aborti ogni 12 mesi, malgrado un calo storico della natalità. Il che significa che in proporzione si abortisce sempre di più, senza che si sia azzerato l’aborto clandestino. Il diritto all’obiezione di coscienza del personale medico esiste ancora sulla carta, ma è reso impraticabile nei fatti, con palese discriminazione dei sanitari cristiani, ebrei, musulmani o comunque per altre ragioni pro life.

Per chi è sceso in piazza a Parigi, l’aborto non è solo la soppressione della vita umana più innocente e indifesa, ma è anche la cancellazione sistematica dei bambini con Sindrome di Down e con disabilità, l’indifferenza verso i dubbi femminili sia prima sia dopo un aborto, il ribaltamento del Giuramento di Ippocrate dei medici, la promozione di conflitti insolubili nelle famiglie (come quando un genitore è per abortire e l’altro no), la spinta decisiva verso l’inverno demografico.

 «La vita - dice lo slogan che ha aperto la Marcia - vale la pena di essere vissuta». Sempre.

Foto di Olimpia Galiberti

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