07/03/2022 di Fabrizio Cannone

Ora anche l’Adidas appoggia i trans negli sport femminili, a discapito delle donne

L’epoca di incertezza che stiamo vivendo produce dubbi di ogni tipo, specie nelle menti dei giovani e dei bambini, sempre più spesso lasciati vagare davanti a uno schermo più che educati con l’amore e l’esempio come sarebbe necessario.

Tra questi dubbi sulla propria identità psichica e sessuale è esplosa negli ultimi anni l’idea di essere “nati nel corpo sbagliato”. Del resto la cultura fluida e pansessualista di oggi promuove in tanti modi il transessualismo, il cambiamento di sesso e l’acquisizione di una nuova (presunta) identità.

Come se effettivamente la biologia fosse una mera appendice nell’essere umano e la fisiologia una realtà separabile dal proprio io. Le multinazionali più trendy si sono messe da tempo ad alludere alla famiglia arcobaleno e alle possibili forme della sessualità. Di recente l’Adidas ha proposto uno spot che pare un video di propaganda della causa trans. Il titolo, piuttosto gridato, è: “I’mpossible. Impossible is nothing”. Nulla è impossibile, in effetti, secondo le bislacche (e antiscientifiche) teorie del gender.

“Diventare famosa in tutto il mondo”; “creare il tuo stile”; “essere una modella”; “un’atleta determinata”: ecco ciò che propone una voce suadente. Ed effettivamente si tratta di cose che qualunque donna potrebbe e anzi dovrebbe sognare e desiderare. Ma poi arriva inequivocabile il riferimento palese agli uomini che si sentono donne, e che – con o senza transizione di genere – vorrebbero acquisire quei successi sportivi in quanto “donne trans”, come dice chiaramente la pubblicità.

E questo è una vera ingiustizia proprio verso le donne che giustamente tengono alla loro identità e ai loro spazi, ai loro ritmi e al rispetto dei loro standard sportivi rispetto ai maschi.

E proprio l’attualità ci dà ragione. Si pensi al vincitore di nuoto femminile Will Lia Thomas, definito dal sito femminista Feminist post come “il nuotatrice (non è un refuso ndr) ruba-trofei”. Il quale “ha trovato il modo di battere ogni record: chiamarsi Lia e sbaragliare le avversarie, passando dal 462° posto nello stile libero maschile al primo in quello femminile”.

Sino al caso recente di un cittadino svizzero che ha chiesto il cambio di sesso per andare in pensione un anno prima. In pratica le quote rosa sabotate dall’interno, con la scusa di essere nati nel corpo sbagliato e sentirsi dentro, magari anche da adulti o perfino anziani, del sesso opposto.

E’ triste che queste ideologie della fluidità, che producono drammi e ingiustizie, siano ora usate anche per fini commerciali: vendere scarpe e fare quattrini.

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