20/07/2020 di Luca Scalise

Notizia choc dalla Nuova Zelanda: aborto al nono mese di gravidanza

La notizia della legalizzazione dell’aborto fino al nono mese di gravidanza in Nuova Zelanda mostra ancora una volta la “banalità del male”.

«Nel Paese distratto dalla pandemia, i labouristi hanno introdotto la legge più estrema al mondo», leggiamo su La Verità. E il sito Right to Life chiarisce: «L’aborto sarà ora disponibile su richiesta, per qualsiasi motivo, fino alla nascita». Ciò dimostra chiaramente la totale inconsistenza dei discorsi (fondamentalmente nient’altro che slogan) a sostegno dell’aborto.

Gli abortisti amano, infatti, ricordare che ad essere abortito non è un bambino ma un “grumo di cellule”, il “prodotto del concepimento”. Falso: perché allora secondo alcuni un bambino diventerebbe tale ad un certo mese della gravidanza e secondo altri ad un altro mese o dopo il parto? Può mai essere una legge a definire quando inizia la vita di un essere umano o è forse compito della scienza, che riconosce tale inizio nel concepimento?

E ancora: «sul corpo della donna decide la donna», dicono. Giusto. Al nono mese, però, non è fin troppo evidente ciò che è vero sin dal concepimento, e cioè che vi sono ben due corpi - uno della donna e, al suo interno, uno del bambino - che ci sono due vite, due esseri umani?

Siamo nel 2020: si può ancora ignorare il protagonismo biologico dell’embrione, che sin dal concepimento ha 46 cromosomi (l’identità umana), che sin da subito possiede una sua individualità ed è in grado di entrare biologicamente in relazione con la madre?

Si può mettere da parte tutto ciò pur di dar voce unicamente agli slogan di certi partiti abortisti? Per non parlare del fatto che l’aborto volontario (sia esso chirurgico o farmacologico e a qualunque mese esso sia praticato) espone la donna a rischi per la sua salute fisica e psichica, dimostrando, quindi, di non essere una “conquista” per il genere femminile.

Si può parlare di “aborto libero” quando ci sono donne che vengono costrette sotto minaccia a questa pratica o che vi fanno ricorso per solitudine, abbandono, povertà, mancanza di sostegno e che non vengono adeguatamente informate circa i suoi pericoli?

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