18/12/2019

Nel Salotto di Verissimo Ilaria D’Amico ha confessato la sua storia personale che incrocia l’aborto

Con questa frase, «meglio se tu non fossi mai nato», ha raccontato il suo dramma, quello che la insegue fin dalla nascita. Praticamente ha confessato a Silvia Toffanin di essere figlia di genitori separati e con una sorella di 11 anni più grande, e che lei era la figlia non richiesta.

Queste le sue parole:

“Mia mamma veniva da un rapporto matrimoniale non idilliaco, molto difficile, molto complesso. Il matrimonio non era nato bene, non volevano un secondo figlio, c’era già mia sorella che aveva già 11 anni. Quando morì mio nonno, che mia mamma adorava, ci fu un momento di riavvicinamento coniugale (un unico momento di riavvicinamento) e qualche mese dopo mia madre scoprì di aspettare me. Per un preciso momento mia madre aveva scelto di non farmi nascere”.

Non c’ stato odio né ha usato parole dure contro la madre a un passo dall’aborto. La provvidenza ha voluto che il medico che doveva eseguire l’aborto era bloccato altrove e rinviò l’operazione. Un segno che produsse l’effetto benefico di un cambio di scelta da parte della mamma.

Libertà personale come protagonista, grazia come miracolo, vita come dono. Sintetizzerei così questa esperienza passata per la famiglia D’Amico.  

Ha vinto l’amore di sua madre e chi si porta in grembo è unico, irripetibile e… qualche volta diventa pure famoso. Fa piacere poi che l’D’Amico prima di addentrarsi nella storia della sua nascita, abbia chiamato in causa Dio, in una maniera o nell’altra la vita pone sempre domande di senso:

"Io non credo che si debba credere specificatamente in un Dio cattolico, per me è impossibile non credere. Io sono cresciuta con un’educazione cattolica, però io penso che ci sia in ognuno di noi, anche in chi pensa di essere completamente ateo, un momento in cui ti viene da chiedere aiuto o rivolgerti a un’entità fuori da te". 

L’ennesima conferma che l’aborto ha sempre a che fare con delle creature, e quindi con domande su un Creatore

 

di Jacopo Coghe

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