19/05/2023 di Luca Marcolivio

Manifestazione “Scegliamo la Vita”. De Mari: «Puntare anche su obiezione di coscienza per infermieri»

Alla Manifestazione “Scegliamo la Vita” a Roma, non sarà presente ma Silvana De Mari, come sempre, è un vulcano di idee. Lo spirito dell’evento di domani, lascia intendere la nota dottoressa e scrittrice, va declinata in proposte concrete e lei stessa, raggiunta telefonicamente da Pro Vita & Famiglia, ne ha indicate almeno tre.

Dottoressa De Mari, lei sarà presente domani alla manifestazione “Scegliamo la Vita?”

«Non sarò presente ma simbolicamente vi aderisco con grande speranza».

Cosa la fa più sperare?

«Abbiamo dei segni estremamente positivi. Innanzitutto, il movimento pro-life sta raggiungendo risultati incredibili negli Stati Uniti, mentre in Italia, con il Comitato Liberi in Veritate, stiamo lanciando un vero e proprio programma che consiste nel mettere su squadre di persone che pregano davanti alle cliniche dove si praticano aborti. La stessa Planned Parenthood ci ha informato che, dove ci sono persone che pregano, gli aborti diminuiscono del 70-80%. Qualcosa di analogo me l’ha confermato il giornalista Gianluca Martone, un giornalista che porta avanti la stessa iniziativa nel Sud Italia. Anche secondo una logica assolutamente laica, tantissime donne che vanno ad abortire, non sono per nulla convinte di farlo e basta pochissimo per far loro cambiare idea».

Avete altri programmi?

«Certamente. Entro la fine di quest’anno, vorremmo ottenere l’introduzione dell’obiezione di coscienza per gli infermieri (attualmente è prevista solo per i medici) ma, soprattutto, per i contribuenti. L’aborto non deve essere gratuito, altrimenti significherebbe equiparare il feto a un cancro. Dovrebbe essere previsto un ticket e, soprattutto, nella dichiarazione dei redditi, andrebbe permesso di segnare se si vuole sostenere l’aborto oppure no. Coloro che non vogliono pagare per l’aborto, devono avere il diritto di non farlo».

Tornando alla Manifestazione di domani, va detto che, con gli anni, l’argomento si è sempre più allargato dall’aborto ad altre istanze legate alla difesa per la vita in ogni sua forma. A suo avviso qual è l’argomento che andrebbe posto al centro?

«Per quanto riguarda il fine vita, mi vengono in mente due libri. Uno è del dottor Lucien Israel, uno dei maggiori oncologi francesi e si chiama Contro l’eutanasia. Il suo cognome è evidentemente non cattolico e lui stesso è un libero pensatore. La sua è una carriera lunghissima, cominciata in anni in cui i farmaci antidolorifici che i medici avevano a disposizione erano meno potenti di adesso. Israel fece sapere che se il paziente si sente amato, non solo dalla sua famiglia ma si sente anche considerato in ospedale da medici e infermieri, non chiede morire. Quando, al contrario, il paziente dice: “Piuttosto che vivere così, preferisco morire”, sta chiedendo di vivere meglio. Il secondo libro importante si intitola Il diritto di morire, ovvero la morte di diritto. Il diritto di morire diventa praticamente un obbligo, come è già successo a vari bambini inglesi, come Alfie Evans, che sono stati fatti morire contro la volontà dei genitori. L’eutanasia non volontaria esiste già in Olanda, anche sui minori e l’eutanasia è un sistema sicuramente potente, con cui delle élite neomaltusiane vogliono liberarsi della popolazione più fragile. I malati di Alzheimer, ad esempio, stanno aumentando a dismisura e non ci sarà spazio per tutti. Per poterlo fare però è necessaria una popolazione che non possegga nulla: la privazione della proprietà privata è fondamentale».

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