“Il libro che state per leggere ha un valore storico: infrange per la prima volta il tabù che ha finora oscurato in Italia il rapporto tra i padri e i loro figli abortiti.” Esordisce Claudio Risé nella Prefazione al libro di Antonello Vanni. “Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile”.
Antonello Vanni, educatore e docente di Lettere, perfezionato in Bioetica presso l’Università Cattolica di Milano, è un esperto del padre. Ha approfondito i temi della responsabilità e della tutela della vita umana ne Il padre e la vita nascente (Nastro 2004). Ha curato la documentazione scientifica del libro Cannabis. Come perdere la testa e a volte la vita di Claudio Risé (San Paolo 2007). Ha insegnato presso la facoltà di Bioetica dell’Ateneo Regina Apostolorum di Roma e presso l’Istituto per ricerche e attività educative di Napoli sul tema “adolescenti, media e droga“. Nel 2009 ha pubblicato il libro Adolescenti tra dipendenze e libertà. Manuale di prevenzione per genitori, educatori e insegnanti (San Paolo).
L’autore fa uno “scavo pioneristico” dentro la figura paterna, quasi completamente dismessa soprattutto quando si tratta di IVG e dintorni, che vale la pena percorrere.
Dalla curiosità per questa opera nuova, nasce l’intervista all’autore.
Come, quando e perché è nata l’idea di questo libro “Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile” edito da San Paolo Ed.?
Antonello Vanni: Da anni svolgo un’attività di ricerca personale sulla figura paterna nelle sue dimensioni più legate all’educazione e crescita dei figli, ricerca che si è poi espressa nel mio libro “Padri presenti figli felici. Come essere padri migliori per crescere figli sereni” (San Paolo Ed., 2011) giunto alla seconda edizione e pubblicato anche in altre lingue. Durante questa ricerca mi sono reso conto di quanto sia dimenticata, anche negli ormai numerosi libri sulla paternità, la relazione tra il padre e la vita dei figli nella sua primissima fase, quella dell’origine della vita stessa. A questo tema ho dedicato nel 2004 una pubblicazione “Il padre e la vita nascente. Una proposta alla coscienza cristiana in favore della vita e della famiglia” (F. Nastro Ed.) in cui ho posto alcune basi per la mia riflessione successiva sul tema, fornendo inoltre delle proposte concrete ai Cav, ai giovani del MPV, a chi si occupa di corsi di preparazione al matrimonio, e agli studiosi di Bioetica, per favorire l’avvicinamento tra padre e vita concepita. In questo nuovo libro, “Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile” (vedi www.antonello-vanni.it), sono partito da quelle basi per esplorare ulteriormente, a tutto tondo, e sulla scorta di ricerche scientifiche internazionali aggiornate, gli aspetti che costituiscono il tema della relazione tra il padre e il destino della vita del figlio cui l’uomo stesso ha dato origine.
Quali sono le domande a cui hai voluto rispondere scrivendo “Lui e l’aborto”?
Antonello Vanni: Prima di tutto va detto che, dal punto di vista dell’indagine scientifica, per affrontare la relazione tra figura maschile e aborto, è stato necessario ampliare lo sguardo e superare la prospettiva limitata di una legge o di uno slogan. Infatti, nel momento in cui si esamina questa realtà si incontra uno scenario umano estremamente vario che chiama in causa anche la coscienza, la rappresentazione della vita e della sessualità nella nostra società, la responsabilità politica e dei media, l’educazione delle nuove generazioni.
Ci troviamo infatti davanti a numerosi interrogativi. Come reagisce un uomo alla notizia della gravidanza della donna? Perché la spinge all’aborto o cerca in tutti i modi di convincerla a tenere il bambino arrivando a gesti estremi per salvarlo? Perché i maschi di oggi tacciono, o devono tacere, non riuscendo a esprimere una posizione forte sull’aborto? L’incapacità di accogliere la vita nascente è connaturata alla figura maschile o è espressione delle tendenze secolarizzate e abortiste del nostro modello culturale? Quale influenza hanno, nel ricorso maschile e femminile all’interruzione di gravidanza, le critiche condizioni economiche in cui viviamo? La non conoscenza della crudeltà delle procedure abortive alimenta il silenzio della coscienza negli uomini? La legge 194 ha un effetto diseducativo sui giovani perpetuando nei maschi il disorientamento verso la vita concepita? L’esperienza dell’aborto ha un impatto traumatico sulla psiche maschile? Se sì, chi e come può rispondere al bisogno di ascolto e comprensione di questi uomini tormentati? E queste sono solo alcune delle domande possibili su un problema che merita di essere esplorato in tutta la sua complessità, evidente anche nei tanti casi di cronaca, che ho presentato nel volume.
Cos’hai scoperto, in quanto autore, scrivendo questo libro “Lui e l’aborto”?
Antonello Vanni: Ho scoperto quanto sia gravemente superficiale e carente la visione che l’opinione pubblica, i media e la ricerca hanno del mondo maschile, sopratutto quando si parla della sua posizione rispetto alla vita o all’aborto. In genere si va dall’indifferenza alla visione ideologica che, sulla scorta di pregiudizi ormai vecchi di decenni, propone una figura maschile inetta, disinteressata alla vita, irresponsabile, capace solo di spingere la donna all’aborto o di andarsene, lasciando la donna incinta sola nel prendere decisioni importanti. Intendiamoci: tutto questo ha un fondo di verità, ma è solo una parte, molto limitata, di una realtà ben più complessa. Complessità che, va sottolineato, è rimasta e rimane invisibile proprio perché pregiudizi e visione ideologica hanno paralizzato un’indagine scientifica obiettiva e ad ampio raggio: basti pensare che del padre, nelle Relazioni ministeriali sull’applicazione della legge 194/78, non se ne parla mai. Per sopperire a questa carenza ho appunto scritto “Lui e l’aborto” in cui sono descritte e discusse dinamiche più articolate e quindi più interessanti per chi vuole riflettere con serietà su questi argomenti.
E che cosa hai scoperto tu, come uomo, in questo libro che ha come sottotitolo “Viaggio nel cuore maschile”?
Antonello Vanni: Da un lato mi sono interrogato, con inquietudine, sui motivi del silenzio maschile sui temi della vita, sul perché dell’assenza di una posizione forte e a voce alta degli uomini rispetto alla legislazione dell’aborto che del resto è stata votata da un parlamento maschile, forse sull’onda di un determinato contesto politico e ideologico. Dall’altro mi sono confortato scoprendo che molti studiosi uomini si sono occupati e si occupano di questi temi ad un alto livello scientifico, che tanti giovani uomini si danno da fare ogni giorno nei centri di aiuto alla vita per aiutare le donne in difficoltà salvando i loro bambini dalla morte. Di grande importanza poi è il fatto che esiste un grande numero di uomini che letteralmente si ribellano all’aborto, in forma personale o in forma più pubblica come nel caso dei giovani del MPV che nel loro “Manifesto sulla 194: generazioni che non l’hanno votata, generazioni che l’hanno subita” hanno dichiarato apertamente il loro dissenso su una scelta fatta dalle generazioni precedenti e sulla quale non sono affatto d’accordo. Si tratta ora di capire come raggiungere e stimolare ulteriormente l’attenzione maschile verso una posizione più consapevole, responsabile e partecipata rispetto al tema della difesa della vita. Su questa possibilità, che in altri Paesi è già realtà, nel mio libro sono indicate diverse strategie. Mi piacerebbe condividerle con voi del Movimento per la vita poiché credo fermamente che con iniziative in questa direzione si potrebbero salvare tanti bambini in più da una morte orribile e disumana.
di Elisabetta Pittino