03/03/2021 di Luca Marcolivio

Lombardia boccia mozione su aborto “fai-da-te”. Mazzali (FdI): «Meglio sostenere la vita e la natalità»

In Lombardia, i Radicali ci hanno provato ma il loro tentativo non è andato in porto. La proposta di legge popolare avanzata dal consigliere regionale Michele Usuelli (+Europa-Radicali), curiosamente, replicava per la quasi totalità i contenuti della Legge 194, salvo un articolo che introduceva l’aborto farmacologico nei consultori e poco altro. Uno stratagemma che è stato facilmente smascherato dalla maggioranza di centrodestra al Pirellone. Al punto che la proposta dei Radicali non è stata nemmeno votata, essendo stata già bocciata articolo per articolo. Intervistata da Pro Vita & Famiglia, la consigliera regionale di maggioranza Barbara Mazzali (FdI) ha illustrato e commentato la vicenda.

 

Onorevole Mazzali, la proposta di legge “Aborto al sicuro” proveniva dall’opposizione: presumo non sia stato troppo difficile respingerla…

«Si è trattato di una proposta di legge di iniziativa popolare, per la quale sono state raccolte 8500 firme. Sfogliandone i dieci articoli, abbiamo riscontrato una sostanziale replica della Legge 194. All’art. 6, finalmente, abbiamo trovato il nucleo centrale della proposta: l’interruzione farmacologica della gravidanza. Ho l’impressione che i Radicali abbiano tentato in qualche modo di dissimulare quest’ultimo punto, nella speranza che non emergesse troppo la loro vera intenzione, ovvero l’introduzione dei farmaci abortivi nei consultori».

Quindi in sostanza si è cercato di fare quello che è avvenuto in altre regioni, ovvero l’adeguamento alle linee guida del Ministro Speranza?

«Assolutamente sì, puntavano a permettere l’interruzione farmacologica della gravidanza in un regime ambulatoriale o di ricovero in giornata, all’interno dei consultori. Noi della maggioranza non abbiamo quindi avuto un attimo di esitazione. Non c’è stato un dibattito su questa pdl, tutto il centrodestra ha votato compattamente contro».

Il consigliere Michele Usuelli (+Europa-Radicali), primo firmatario, sostiene che la sua pdl avrebbe consentito una riduzione della recidiva abortiva. Lei cosa gli risponde?

«A differenza di Usuelli non sono un medico, comunque non mi sembra che nella Regione Lombardia sia mai stato negato l’aborto consenziente a nessuna donna. Essendo vigente – da noi, come nel resto d’Italia – la Legge 194, non abbiamo ravvisato la necessità di una proposta di legge come quella di Usuelli. Lui ha snocciolato una serie di dati, che però non dimostrano assolutamente nulla. Qualunque donna che voglia abortire in Lombardia, può farlo nelle strutture sanitarie preposte, non è mai stato vietato. I consultori, però, pur essendo presidiati da sanitari, non sono strutture sanitarie. Mi sembra quantomeno approssimativo che una donna possa abortire in un consultorio, in assenza del ginecologo che l’ha sempre assistita o del medico di base che conosce nei dettagli la sua storia clinica. Non credo sia questo il modo di tutelare la salute delle donne e non credo nemmeno sia questa la vera motivazione che spingerebbe tante donne a effettuare aborti clandestini».

Con questa pdl, i Radicali affermavano si potesse contrastare l’aborto con la contraccezione gratuita. Non trova però, che, in questo modo, avrebbero favorito un’ulteriore denatalità?

«È stato uno dei motivi del mio intervento, in cui ho detto chiaramente che se c’è un problema nella nostra Regione su cui dovremmo discutere e su cui dovremmo indirizzare denaro, tempo ed energie, è proprio quello della natalità, per il quale, peraltro, ci sono progetti già attivi come il Progetto Gemma o i CAV. Se vogliamo dare un’opportunità alle tante giovani donne che temono di non farcela con la maternità, è importante pensare a misure per sostenerle, nella prospettiva di non lasciarle sole e di accompagnarle in questo percorso di vita. Anche per questo, credo che le proposte di legge che portiamo avanti debbano essere a tutela della maternità e non certo volte a favorire l’aborto. Di fronte a una donna che ha il dono di rimanere incinta ma, contemporaneamente, si ritrova in difficoltà economiche, affettive o familiari, ritengo che una politica seria debba aiutarla ad affrontare la sua maternità. È chiaro che una donna che vuole abortire non può essere costretta al contrario ma credo che, nella maggior parte dei casi, le interruzioni di gravidanza siano dovute a difficoltà tipiche dei nostri tempi. In un tempo di crisi come quello attuale, la paura di mettere al mondo un bambino diventa sempre più forte e incalzante. La politica dovrebbe porre rimedio a tutto questo, perché abbiamo assolutamente bisogno di nuove mamme e di nuovi bambini italiani».

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