02/11/2023 di Giuliano Guzzo

L’ideologia Lgbt si fa largo nella sanità in Trentino

Medici e infermieri introdotti alle tematiche Lgbt+. Succede in Trentino, dove c’è la possibilità – rinnovatasi anche nei mesi scorsi, precisamente a maggio – di seguire un «Programma di formazione continua dei Professionisti della Sanità» sulla cui equidistanza valoriale e sul cui livello scientifico è lecito nutrire almeno qualche dubbio. Parliamo, nello specifico, di MySTI, che si presenta come un «percorso di alfabetizzazione alle tematiche Lgbt+ per la facilitazione del rapporto professionista – paziente». Ora, uno legge «facilitazione del rapporto professionista – paziente» e quasi può ritenere che si tratti di una iniziativa sensata, se non lodevole, considerando quanto, per esempio, sia preziosa l’alleanza medico/paziente, se si pensa che di tale alleanza ha parlato e parla perfino la Chiesa cattolica, con la Congregazione per la Dottrina della Fede che l’ha definita una «luce per comprendere un buon agire medico, superando la visione individualistica e utilitaristica oggi predominante».

MySTI è però, sotto il profilo valoriale, ben altro essendo un percorso nato, citiamo testualmente come viene presentato, «in risposta alle crescenti necessità formative emerse grazie al dialogo costruito tra il personale medico del centro Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) del reparto di Dermatologie dell’APSS e i/le attivisti/e del comitato territoriale Arcigay del Trentino». Medici e infermieri, in Trentino, possono dunque esser introdotti alle tematiche Lgbt+ direttamente da Arcigay: il che non è quello che si definisce una garanzia di neutralità politica e ideologica. In effetti, per chiudere il cerchio facendosi un’idea di che cosa si sta parlando, è sufficiente poi andarsi a vedere le tre finalità di questa iniziativa, che sono: «Decostruire limitati stereotipi e pregiudizi, “taboo” e timori legati a orientamenti sessuali e identità di genere minoritari; Offrire strumenti (linguistici, relazionali e attitudinali) utili a rispondere efficacemente ai bisogni specifici dell’utente Lgbt+; Facilitare il medico nel dialogo e nell’indagine diagnostica con il paziente Lgbt+ (o presunto tale)».

Ora, basta rileggersi con attenzione anche solo il primo scopo del progetto – che comporta svariate ore di lezione – per capire la sua portata, dal momento che il «decostruire limitati stereotipi e pregiudizi e “taboo”» è esattamente il tipo di formula cara con cui l’associazionismo Lgbt intende veicolare le proprie concezioni antropologiche. Ne consegue come basta questo per capire che non siamo davanti ad una formazione continua neutrale, ma a qualcosa di ben altro. E ciò dispiace doppiamente non solo per quei professionisti della sanità che saranno sottoposti a lezioni non offerte da soggetti terzi e neutrali, ma anche per lo stesso Trentino, che in questi anni si è positivamente distinto proprio per l’essersi smarcato dall’agenda Lgbt.

Pensiamo al bel convegno organizzato nel marzo 2019 sulla differenza di genere nel palazzo della Provincia di Trento, che ha fatto letteralmente imbufalire gli attivisti Lgbt, giunti in modo ben poco democratico a circondare il palazzo stesso e a introdurvisi, rendendo necessario l’intervento della Polizia; ma pensiamo anche alla legge provinciale sulla libertà educativa presentata a febbraio di quest’anno, per dire no al gender e alla fluidità sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado e per proteggere così i bambini, i giovani e la priorità dei genitori nell’educazione dei propri figli.

Insomma, il centrodestra al governo della provincia – da poco confermato, con la vittoria alle elezioni del 22 ottobre – si è finora mosso bene a tutela della libertà educativa e facendo da argine alle iniziative gender. Il punto, MySTI docet, è che la guardia non è mai abbastanza alta, dinnanzi ad associazioni e sigle che non perdono occasione per stringere accordi istituzionali e per introdursi, se non in scuole, in corsi e convegni.

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