19/04/2016

Legalizzazione della droga in Italia? No, grazie.

Da oggi al 21 aprile, a New York si terrà una sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al tema della droga, con particolare riguardo alla revisione delle politiche di controllo attualmente vigenti.

L’intento è di mettere definitivamente da parte la strategia “proibizionista“, per aprirsi piuttosto ad una responsabile legalizzazione, chiamata “riduzione del danno”.

Non è un caso allora che il governo italiano, come hanno fatto notare in un’interrogazione parlamentare i senatori Gasparri, Giovanardi ed altri 40 colleghi, abbia inviato al palazzo di vetro «figure non istituzionali che da sempre proclamano la legalizzazione e la liberalizzazione delle droghe, non solo delle cosiddette leggere, ma anche della cocaina», come ad esempio Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni, Roberto Berselli della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, Grazia Zuffa del Forum Droghe e Stefano Anastasia della Società della Ragione Onlus.

In Italia il dibattito sulla legalizzazione della cannabis e delle droghe leggere è aperto. L’anno scorso è stato anche formato un gruppo interparlamentare, presieduto dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, che ha partorito una proposta di legge firmata da 290 parlamentari, poi calendarizzata alla Camera e ora affidata alle commissioni congiunte Affari sociali e Giustizia.

Recentemente, poi, i Radicali, tradizionalmente impegnati in questo genere di “battaglie”, hanno iniziato a raccogliere firme per presentare un disegno di legge anti-proibizionista in tema di droghe. Il tutto rientra in una campagna più ampia, a livello europeo (Legalizziamo) volta a chiedere alla Ue di «promuovere e adottare una politica per la legalizzazione della marijuana e per la decriminalizzazione del consumo di tutte le droghe».

Leggiamo su Repubblica che il ddl dei Radicali «punta a regolamentare la produzione, il consumo e il commercio di cannabis e dei suoi derivati, eliminando le sanzioni penali e a ridurre quelle amministrative previste dalla legge del ’90 (9 ottobre 1990, n. 309). All’articolo 2 della proposta si stabiliscono le modalità di coltivazione, mentre l’articolo 3 prevede che “qualsiasi persona maggiorenne può coltivare liberamente, in forma individuale, senza bisogno di autorizzazione” fino a 5 piante di cannabis».

Come al solito l’ideologa libertaria non vuole tener conto della realtà dei fatti. Se infatti è giusto un dibattito scientifico sul tema (soprattutto per spiegare il buon senso della tolleranza zero verso ogni tipo di droga), questo deve essere svolto seriamente. E non si può negare che l’uso terapeutico – e a maggior ragione gli usi “ricreativi” – di cannabis possono comportare rischi anche gravi per la salute (vedi ad esempio qui). ora, sebbene il problema di fondo, in ultima istanza, sia culturale, la domanda è: può uno Stato, preposto alla tutela del bene comune, in qualche modo incentivare il consumo di droghe? Può dunque legittimare un male?

La lotta alle dipendenze e al consumo di droga rientra certamente nella mission di ProVita. Per questo monitoreremo la situazione e terremo informati i nostri lettori sugli sviluppi futuri della questione. Al contempo, promettiamo battaglia. Perché anche la legalizzazione della cannabis rientra in un preciso piano di sovversione dell’ordine che ha come unico fine la distruzione del nostro essere uomini razionali e dotati di buon senso. per essere così più facilmente manipolabili.

Redazione

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