04/07/2020

Le perplessità di Umberto La Morgia sul ddl contro l'omotransfobia

Umberto La Morgia, si esprime sul tema dell’omofobia e ha una missione: fare da ponte tra il mondo gay e il mondo del Family Day. Due realtà che possono e devono, a suo dire, dialogare e comprendersi.

 

Cosa ne pensa del disegno di legge depositato alla Camera contro l’omotransfobia?

«Lo spirito in sé sarebbe giusto, ovvero la volontà di prevenire e contrastare le discriminazioni, l’odio e le violenze. Detto così, encomiabile. Il punto è che invece di ridurre le discriminazioni, una legge siffatta potrebbe per certi aspetti acuirle e aumentare le tensioni sociali».

In che modo? Si spieghi meglio.

«Prima di tutto va sottolineato che gli omosessuali, bisessuali, lesbiche e trans (etc) sono già tutelati dalle legge come tutti i cittadini e invece in questo modo potrebbero ottenere una protezione diversa generando una sorta di “discriminazione al contrario”. Ma a parte questo, il punto è che la legge non andrebbe a punire solo le aggressioni omofobe che tutti fermamente condanniamo, ma anche gli atti discriminatori e le condotte che incitano a tali atti discriminatori. Ora, mentre la discriminazione fondata sul razzismo e sull’odio razziale è molto più semplice da definire e da riconoscere, la discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere di cui parla il disegno di legge Zan, è estremamente più complessa da circoscrivere e non ha affatto un’interpretazione univoca universalmente condivisa. Basti pensare alla lotta intestina che si sta consumando in questo momento all’interno della comunità LGBT tra lesbiche femministe radicali e transessuali, sia qui in Italia che a livello internazionale. Questi gruppi di lesbiche non ne vogliono sapere di considerare donna e dunque far accedere ai diritti e agli spazi che le donne si sono conquistate negli anni, tutte le persone che semplicemente “si sentano” donna sulla base dell’autopercezione e del concetto di identità di genere. La femminista attivista lesbica anglosassone Scheila Jeffreys non a caso ha redatto una Dichiarazione sui diritti delle donne basati sul sesso, proprio per salvaguardare il concetto di sesso in contrapposizione a quello di identità di genere e quindi contrastare la pervasività del cosiddetto transfemminismo, ora tanto di moda. Queste posizioni in Italia sono condivise da Arcilesbica, e sono talmente scomode che probabilmente sarà definitivamente epurata dall’Arci perché considerata troppo conservatrice e transfobica. Se Arcilesbica viene tacciata di discriminazione, capite che il terreno è scivolosissimo. Anche J.K. Rowling ha ricevuto attacchi indegni di recente per aver affermato in dei tweet che il sesso biologico è qualcosa di reale. Ma sapete il colmo? È stata accusata di transfobia dal mainstream e per la maggior parte da persone che non sono trans. Invece moltissime persone trans, come Blaire White e Buck Angel, si sono trovate completamente d’accordo con le sue parole e l’hanno difesa! Questo fa capire il corto circuito imbarazzante del politicamente corretto».

Teme che si possa così introdurre un reato di opinione?

«I sostenitori di queste legge affermano che non ci sarà nessun pericolo per la libertà di espressione costituzionalmente garantita e che la legge non tratterà la “propaganda di idee”, però di fatto potrebbe essere considerato discriminatorio, ad esempio, promuovere la famiglia naturale, opporsi all’omogenitorialità, alla maternità surrogata o all’educazione al gender nelle scuole etc. E tutto resterebbe alla fine alla discrezionalità del giudice. Tra l’altro, così, si andrebbe paradossalmente a punire anche i gay, perché siamo in tantissimi ad avere opinioni diverse dalla lobby LGBT e più simili a quelle dei cattolici in merito al concetto di famiglia, ad esempio. Quindi i quesiti e le perplessità indubbiamente ci sono. Penso che la Cei si sia espressa in maniera molto lucida ed equilibrata in merito».

Secondo lei c’è un’emergenza omofobia in Italia?

«Questo è uno storytelling funzionale al vittimismo di un certo attivismo LGBT. Infatti il disegno di legge parte dall’assioma che gli omosessuali siano una categoria vulnerabile. Ogni singola violenza è grave ed esecrabile, ma non è corretto parlare di escalation o di emergenza se non è confermato dai dati. Secondo l’Oscad le aggressioni omofobe fortunatamente sono in calo: 29 nel 2019 contro le 43 del 2018. Quelle contro i disabili invece di più: 69 nel 2019. Inoltre, la ricerca sui crimini d’odio contro gli LGBT condotta dall’agenzia FRA dell’Unione europea mostra che gli LGBT italiani che affermano di aver subìto violenza omofoba dal 2014 al 2019 sono l’8%: stessa percentuale della Danimarca ed inferiore alla media europea (11%). Invece Germania 13% e Francia 14%. Per quanto riguarda altri indicatori si può sicuramente fare di meglio, ma credo che l’Italia sia già migliorata moltissimo negli ultimi anni e sarebbe ingiusto catalogarla come un Paese omofobo».

Quindi se il fenomeno non è così preoccupante, quali sarebbero le ragioni che spingono a voler approvare una legge del genere secondo lei?

«Non so. Probabilmente influiscono ragioni di natura economica (come i fondi per la diffusione della tematica nelle pubbliche amministrazioni), marketing politico per la sinistra ed eventuale uso della legge da parte di alcuni per tentare di limitare l’attività e l’espressione di gruppi pro-life e pro famiglia naturale considerati omofobi. In questo ddl però vedo anche una grande occasione».

Quale?

«Si vogliono istituire case rifugio e centri antiviolenza per LGBT. Potrebbe essere l’occasione per aprirne di nuovi dedicati al recupero e all’accoglienza della persona a tutto tondo, nel senso universale del termine. La persona che ha bisogno, la vittima, di qualunque sesso e orientamento. Sarebbe un’iniziativa davvero inclusiva».

La legge intende istituire anche una giornata nazionale contro l’omofobia. Cosa ne pensa?

«Guardi, a me va bene, ma segnalo sommessamente che mentre all’orgoglio gay è consacrato non un giorno, ma un intero mese all’anno, con tanto di sponsorizzazioni ed endorsement di tutte le più grandi multinazionali al mondo, il Natale e la Pasqua stanno scomparendo dai nostri luoghi pubblici e dalla nostra cultura. L’immagine di una donna che allatta un bambino accanto a un uomo che sta al computer viene considerata becera, sessista e retrograda. Uno psichiatra che dice che le bambine giocano con le bambole e i bambini con le macchine viene messo alla gogna perché diffonderebbe orrendi stereotipi e non abbastanza “fluidità di genere”. In Inghilterra sugli assorbenti scrivono “menstruator” invece di donna per non offendere... Tutto questo clima mi preoccupa maggiormente».

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