13/01/2021 di Manuela Antonacci

Le “femministe” di Non Una Di Meno vogliono un aborto da asporto

“Ru486 da asporto e telaborto”, “aborto per tuttu”, con questo genere di cartelli, inneggianti all’aborto “in pillole”, libero e senza limiti, le femministe di “Non una di meno” si sono presentate davanti ad alcuni ospedali delle Marche, per protestare contro l’intenzione, espressa dalla giunta regionale, in particolare dall’assessore Giorgia Latini, di rivedere le linee di governo sulla pillola abortiva.

Il casus belli è stato l’intento dichiarato a chiare lettere, dall’assessore, ovvero quello di rivedere l’applicazione della 194, rimanendo fedeli al suo senso originario, che comprendeva il dovere, da parte dello stato, di fornire alla donna tutti i mezzi psicologici e materiali, per poter scegliere liberamente anche di portare avanti la gravidanza.

Latini ha parlato esplicitamente della necessità di individuare “un percorso che inserisca la donna in un contesto assistenziale”. Parole che hanno fatto infuriare le femministe di Non una dimeno Transterritoriale Marche, che in un lungo comunicato scrivono “Si pontifica sulle scelte riproduttive della salute delle donne, esclusivamente biologicamente donne. Via RU486, la nostra assessora alle Pari Opportunità ci ha informato quanto sia prezioso difendere la vita e come cercherà di sostenere le donne e le famiglie in difficoltà perché la vita va difesa. Poco importa se le madri devono fare i salti carpiati per conciliare il lavoro e la cura che è sulle loro spalle, se devono attendere per un posto agli asılı nido, se pur di badare alla famiglia devono fare un part time.”

Parole che mettono in evidenza le effettive e gravi difficoltà che le donne di oggi vivono nel gestire il binomio famiglia-lavoro e che dunque dimostrano, al contrario delle intenzioni delle femministe, la giustezza delle affermazioni dell’assessore, che ha evidentemente compreso che l’aborto farmacologico o chirurgico non può essere la soluzione. Come si può pensare di andare incontro alle difficoltà che le donne vivono nel quotidiano, agevolandole nella scelta di sopprimere il proprio bambino, indirizzandole verso una scelta di morte e sofferenza, che soluzione sarebbe mai questa?

Non solo, degno di menzione è sicuramente il post con cui la pagina fb di “Non una di meno Transterritoriale Marche” presenta il loro comunicato e nel quale si legge: “Aborto per tutti. Abbiamo scelto questo slogan perché l'aborto non riguarda solo le donne ma tutte le persone gestanti. La Ru486 deve essere accessibile a tutte le persone gestanti in telemedicina e senza ospedalizzazione. Chiediamo che le linee di indirizzo diramate dal ministero della salute vengano applicate nelle consultoriə.”

Verrebbe da chiedersi seriamente che voglia dire che “l'aborto non riguarda solo le donne ma tutte le persone gestanti”, considerato che fino ad ora non ci risulta che tutte le infinite identità di genere, a meno che non si faccia riferimento solo ed esclusivamente alle donne nate donne (specificazione che ci ripugna fare, ma che la dice lunga sul livello di “ridescrizione fantasiosa del reale a cui siamo arrivati) siano in grado di partorire. Allora emerge in modo evidente, di fronte a tutta queste serie di recriminazioni (alla fine del comunicato c’è pure la solita filippica contro il patriarcato) con cui non si fa altro che sparare nel mucchio, chi è fuori dalla realtà e chi sacrifica il benessere e l’interesse psico-fisico ed economico delle donne, per affermare solo ed esclusivamente una visione tutta ideologica del reale.

 

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