13/06/2019

L’aborto fa male alla donna: un confronto tra studi scientifici

“L’aborto fa bene, vietare l’aborto danneggia le donne”: questa affermazione che è risuonata nelle Aule di diversi Congressi statali a guida democratica degli Usa e rimbalzata nelle varie reprimende a cui è stata sottoposta da parte di varie Agenzie Onu, l’amministrazione Trump per le sue scelte pro life, è il nuovo slogan del ‘politicamente corretto globale’.

Partiamo dalla premessa, totalmente folle e irreale, che cioè il bimbo nascente non sia che un grumo di cellule insignificante e non vitale. Questa affermazione, a fondamento della premessa su cui è costruita la ‘benevolenza’ dell’aborto, è inconsistente scientificamente: è la scienza che dimostra a ogni passo che l’inizio della vita esplode dalla unione dello spermatozoo e dell’ovulo.

Entriamo nel dettaglio dello slogan che in questi giorni si è corredato anche di una ricerca scientifica presentata dalla Università della California, studio che si fonda sulle autodichiarazioni di 874 donne (328 delle quali hanno abortito nel primo trimestre, 383 nel secondo trimestre e 163 non hanno potuto abortire per ragioni diverse). Lo studio tenderebbe a dimostrare che un’alta percentuale di queste 163 donne che non hanno potuto abortire, nell’arco di 5 anni si sente più stanca e con minori opportunità di benessere economico per sé e per i figli precedenti.

Da qui, ricordiamo che si tratta di autodichiarazioni di 163 su 874 donne, quella che viene presentata come la conferma dello slogan “;l’aborto fa bene, vietare l’aborto fa male alle donne”. Il problema è solo uno, che si prende per medicalmente inoppugnabile una ricerca che appare solo sociologicamente di un qualche interesse, visto il metodo usato e il campione veramente ridotto di auto-dichiarazioni. Eppure, prima negli Usa riviste e quotidiani vicini alle posizioni pro aborto, Time e Los Angeles Times, poi in italia Vanity Fair, riprendono il tam tam e lo amplificano.

I fatti della scienza dimostrano ben altro, peccato non mostrarli e cocciutamente nasconderli.

L’ampia ricerca pubblicata dal National Center for Biothecnology Information & SAGE (Open Medicine) nel 2018, fondata su circa 100 studi di diversi gruppi di esperti e università in vari Paesi del mondo dal 2000 al 2017, dimostra ben altro. Titolato L’aborto e la controversi sulla salute mentale: una comprensiva rivisitazione della letteratura e punti in comune, disaccordi, azioni raccomandabili e opportunità di ricerca, lo studio ci dice:

«Collettivamente, questi studi esaminano un’ampia varietà di diversi gruppi di confronto, esplorano un insieme eterogeneo di variabili di risultato, impiegano una grande varietà di variabili di controllo e riferiscono su numerosi risultati in diversi intervalli di tempo e/o in una varietà di sezioni trasversali di tempo. Collettivamente, rivelano quanto segue:

(a) Non ci sono risultati di benefici per la salute mentale associati all’aborto.

(b) L’associazione tra l’aborto e tassi più elevati di ansia, depressione, uso di sostanze, sintomi traumatici, disturbi del sonno e altri esiti negativi è statisticamente significativa nella maggior parte delle analisi.

(c) La minoranza di analisi che non mostrano tassi più alti statisticamente significativi di esiti negativi non contraddice quelli che lo fanno.

Tra i minimalisti e invece gli enfatizzanti i rischi dell’aborto per le donne c’è una intesa minima nell’evidenziare nei propri studi che:

– l’aborto contribuisce a provocare problemi di salute mentale in alcune donne;

– generalmente questi problemi di salute mentale non colpiscono la maggioranza delle donne;

– una minoranza significativa di donne ha problemi mentali a seguito dell’aborto;

– c’è una solida evidenza che l’aborto contribuisca all’insorgenza, la durata e l’intensità dei disturbi mentali;

– non c’è evidenza che l’aborto possa risolvere o accrescere problemi mentali (per coloro che già li hanno);

– c’è evidenza tra aborti multipli e alta percentuale di problemi di salute mentale».

Fermiamoci qui. L’aborto produce sempre la morte del più debole, il concepito e questo, dalla venuta al mondo della società giudaico-cristiana, su cui si fonda l’Occidente, è sempre stato considerato un male assoluto. Ora il neopaganesimo che ci viene propinato globalmente, aggredisce la civiltà del passato ‘prossimo’ a due livelli, lo prende nella tenaglia: per un lato eliminando Dio, per l’altro eliminando l’umana dignità del più debole (uomo concepito). Certo, così facendo, è costretto a camuffare la realtà, tuttavia la realtà (almeno per ora) trova le sue misteriose vie per emergere: l’aborto è un male, sia per il bimbo sia per sua madre.

Luca Volontè

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