14/10/2020 di Manuela Antonacci

La storia dell’atleta italiana transgender verrà propagandata anche con un film

Tempo fa avevamo parlato della storia di Valentina Petrillo, atleta transgender ipovedente a causa di una malattia incurabile, che aveva iniziato il percorso di transizione nemmeno due anni fa e adesso gareggia nella categoria femminile. Peraltro Petrillo, fino al 2018 si chiamava Fabrizio, e aveva già conquistato diversi titoli nella sua categoria paraolimpica, aveva un matrimonio alle spalle e un figlio. Ora la sua storia diventerà addirittura un film.

“Aver rotto certi schemi nel mondo dello sport è la cosa più forte che ho fatto” ha raccontato Petrillo a Fanpage.it. Chissà se la pensano così le atlete della categoria in cui ora gareggia. Una storia presentata come un esempio di libertà, addirittura “una pagina importantissima nella storia dei diritti Lgbt” ma che ovviamente calpesta i diritti altrui, se si pensa al netto svantaggio fisico in cui si trovano a competere le sue compagne di gara, adesso.

Inoltre, nel parlare del suo percorso di transizione racconta: “Per prima cosa l'ho detto a mia moglie. Quando lei non c'era indossavo i suoi vestiti, mettevo lo smalto, mi truccavo. Ma stavo male”. Tutto questo verrà rappresentato nel film in produzione e ci chiediamo se verrà sottolineato solo il suo di “strazio” e non anche quello di sua moglie che d’improvviso si è vista fallire il matrimonio ma, soprattutto, ha visto l’uomo che amava, trasformarsi in una persona totalmente diversa e senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto (la transizione di Petrillo è iniziata appena un anno dopo il matrimonio).

Di quel figlio che oggi è ancora un bambino Petrillo dice: “Sta vedendo i miei cambiamenti, mi ha fa moltissime domande e continua a chiamarmi papi: non ha un padre maschio come tutti gli altri, ma sicuramente ha un padre che sarà sempre con lui. Vedremo col tempo, la mia è una cosa molto in evoluzione: ha visto trasformarsi il papi in una donna e per adesso lo vedo tranquillo”. Ci chiediamo, però, che genere di utilità possa avere un film di questo tipo, soprattutto se propaganderà l’idea di uno sport “aperto” all’ingresso degli atleti transgender e per questo rischioso per la sana competizione sportiva.

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