06/10/2020 di Manuela Antonacci

La scelta coraggiosa del Piemonte sulla Ru486. Intervista all’assessore Marrone

In Piemonte, l’assessore regionale agli Affari legali, Maurizio Marrone (FDI) ha manifestato l’intenzione di fermare la somministrazione della pillola abortiva Ru486 nei consultori e anche lo stop alla sua distribuzione in day hospital alla fine dell’emergenza Covid. Ovviamente non potevano mancare le polemiche, soprattutto di certa parte politica, contro una proposta definita come «antiscientifica», «medievale» e, addirittura, figlia, come ha detto la sindaca Chiara Appendino, «di becera propaganda». All’ assessore Marrone abbiamo chiesto di spiegarci le motivazioni di questa proposta che non può non dirsi coraggiosa.

 

Assessore, la sua proposta ha mandato su tutte le furie Marco Grimaldi, capogruppo in consiglio regionale di Luv (Liberi, uguali, verdi) che ha parlato di un tentativo di ricerca di visibilità che nega l’esercizio di un diritto, alle donne. E’ d’accordo?

«Assolutamente no, anche perché le nostre linee-guida regionali in opposizione a quelle nazionali di Speranza vanno in realtà a dare attuazione a quei diritti delle donne che sono comunque presenti nella legge 194 che disciplina l’interruzione di gravidanza, però anche la tutela sociale della maternità e che quindi prevedono una scelta che intanto sia completa e consapevole da parte della donna e quindi veda il consultorio come un luogo di approfondimento, di informazione e di assistenza e non di esecuzione diretta dell’aborto stesso. E dall’altra parte, una volta che la donna abbia scelto di abortire che questo almeno avvenga in condizioni di sicurezza per la sua salute. E sicuramente la valutazione clinica che in Piemonte vogliamo affermare, in ogni ospedale, riteniamo che sia assolutamente a garanzia della salute della donna, per evitare che quel 5-8% che non è poi così bassa come percentuale, di donne che vanno incontro a complicazioni, emorragie e rischio di ostruzioni uterine, ci serva per avere una valutazione oggettiva delle loro condizioni fisiche, preventiva alla loro assunzione del farmaco abortivo. In modo tale che la valutazione sul fare il day hospital o il ricovero non sia abbandonata a dinamiche di pura strumentalizzazione ideologica».

Alcuni esponenti del Pd hanno affermato che si sta giocando una partita che non ha nulla a che vedere con la tutela della salute delle donne. E’ davvero così, è collegabile la somministrazione della RU486 con la salute della donna o forse il rapporto è inversamente proporzionale?

«Queste prese di posizione si spiegano meglio, conoscendo meglio la situazione piemontese dove tutto il fronte abortista continua a sventolare come una bandiera, il record di aborti che sono quasi la metà in tutta Italia e che vengono svolti in Piemonte. Come se il record di numero di interruzioni di gravidanza fosse quella sì invece una mentalità di rispetto della salute delle donne e della loro libera scelta. Noi, al contrario, riteniamo che essendo una scelta drammatica debba essere frutto intanto di tutte le informazioni possibili, comprese anche quelle di sostegno ad una maternità che spesso è anche complicata da fragilità sociali psicologiche e / o economiche ed è per questo che vogliamo aprire agli sportelli informativi negli ospedali da parte del volontariato pro vita. Ma che dall’altra parte avvenga in condizioni di sicurezza, quando invece, il paradosso è che da sinistra, il fatto di privare l’assistenza ospedaliera sanitaria viene spacciata come una conquista dei diritti delle donne. Devo dire che spesso mi viene rimproverato di essere un uomo e che non dovrei occuparmi di queste cose, io ricordo, invece che, in ogni caso, dalla nostra leader Giorgia Meloni, sono tantissime le nostre donne del centrodestra che mi sostengono in questa battaglia e la condividono».

Ha esultato invece il Movimento pro vita: «Un grande grazie a Maurizio Marrone e speriamo che il centrodestra in Piemonte non si faccia intimidire». A proposito di questo c’è da dire che spesso si invoca la 194 a sostegno dell’aborto, mettendo volutamente da parte tutta la prima parte del testo di legge, in cui all’articolo1 si sostiene che l’aborto debba essere considerata l’ultima spiaggia a cui ricorrere e si debba piuttosto tentarle prima tutte per poter aiutare una donna in gravidanza a far nascere il proprio bambino ed è una rivendicazione che spesso fanno i vari movimenti prolife. E’ così? C’è una strumentalizzazione voluta e consapevole del senso della parte iniziale di questa legge?

«Questo accade perché si vuole continuare a dipingere l’aborto come una scelta di autodeterminazione, anche in tanti casi in cui questa scelta non lo è. Questo ci viene confermato da quella rete di consultori piemontesi che ricorda che in Piemonte la prima causa di interruzione di gravidanza è dovuta a motivazioni economiche. Quindi uno stato che abbia a cuore ancora prima della difesa della vita, i diritti di tutti i cittadini, dovrebbe anzitutto saper garantire quelle misure di assistenza sociale e sostegno che sono necessarie per rendere davvero consapevole e libera la scelta della donna che invece spesso è dirottata per impedimenti reali verso una sorta di “obbligo di aborto”».

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