26/01/2021 di Manuela Antonacci

La risposta disumana di un’associazione transgender ad una mamma in difficoltà

Viviamo in una società in cui, la cosa più difficile da difendere è l’ovvio, in cui il reale ha perso l’evidenza agli occhi dei più e diventa sempre più difficile orientarsi e cogliere il senso di quello che ci accade. Ma quello che è successo alla mamma di cui vi parliamo oggi, va forse oltre ogni immaginazione.

Lucia (nome fittizio) madre di una ragazzina disforica che da un paio d’anni dice di voler diventare uomo, si ritrova di fronte alla richiesta di sua figlia che le chiede l’autorizzazione ad iniziare una cura a base di ormoni cross-sex, per dare il via alla sua “transizione”. Lucia, ovviamente, ha molta paura della definitività di questa scelta e non intende firmare il consenso. Credendo di avere un minimo di conforto e sostegno, si rivolge a un’associazione che si occupa di transgender, ma la risposta che ha ricevuto è stata davvero sconcertante.

Facciamo una premessa importante per comprendere meglio la gravità di quanto segue: la mamma in questione, dopo aver a lungo parlato con la figlia per cercare di capire la radice del suo disagio, ha scoperto che la ragazza era stata abusata dal suo migliore amico e in seguito avrebbe avuto una storia lesbo con una ragazzina. Episodi che le hanno fatto intuire che la sofferenza e il disorientamento della figlia deriverebbero, non da quella che lei crede essere la sua vera natura, ma da gravi avvenimenti esterni che l’avrebbero condizionata in modo così pesantemente negativo, da aver inciso sulla sua psiche e sulla scelta di quello che lei crede essere il suo orientamento di genere.

Ma, all’incredibile momento di difficoltà e smarrimento vissuto da questa mamma, si è aggiunta la risposta a dir poco disumana dell’associazione transgender. Riportiamo alcuni stralci della risposta perché è davvero il caso di citarli: “Siete megalomani ed egoisti e pronti a portare al suicidio i vostri figli perché voi non prendereste mai ormoni e bloccanti e proiettate le vostre paure. Vostro figlio non è voi. Siete due persone distinte. I bloccanti tra l’altro sono un compromesso perché altrimenti chi è sicuro potrebbe prendere gli ormoni da subito. Comunque in Italia non li danno se una persona non è suicidaria grazie ad una società retrograda e ignorante che crede alle favole anti-gender e che costringe i professionisti all’iper prudenza. Io non so per certo se suo figlio è un uomo, una donna o una persona non binaria, lo potrà dire solo lui giorno dopo giorno”.

E ancora continuano gli improperi, nella missiva: la mamma preoccupata e disperata viene accusata di essere vigliacca e di prendere in giro sua figlia e, nel saluto conclusivo, l’interlocutore dell’associazione transgender (di cui la signora in questione ha chiesto di non divulgare il nome) si augura di non interfacciarsi mai più con Lucia. Ma la mamma non ha tardato a far sentire la sua risposta, in cui ha sottolineato come sia più facile, evidentemente per certe realtà, risolvere approssimativamente il problema raccomandando interventi a dir poco devastanti sui ragazzi, come la mutilazione del seno e della vagina ecc. salvo poi non affrontare il problema alla radice, avendolo, anzi reso drammatico e insostenibile, al punto che ai ragazzi non rimarrebbe che rifugiarsi in queste associazioni, “perché il lavaggio del cervello funziona così” sottolinea, nella sua risposta, la donna, disperata e delusa.

Ecco, ci chiediamo allora, a cosa serva creare associazioni simili e quale spirito animi veramente certe realtà: se si è interessati a risolvere effettivamente il nodo che ha generato il problema oppure se si decida di arrendersi in partenza, perché si è interessati unicamente a propagandare ed affermare con la forza e, in questo caso, la violenza verbale, la propria ideologia. Ma ciò che sconcerta ulteriormente è la crudeltà del trattamento riservato a questa mamma in difficoltà che la dice lunga sulla mancanza di serenità che accompagna certe visioni ideologiche e certi vissuti esistenziali.

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