29/10/2022

La legge sull’aborto e la Corte Costituzionale

La recente sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti d'America , che ha rimosso il "diritto all'aborto" quale prerogativa federale e ha rimesso la facoltà legislativa ai singoli Stati, ha fatto discutere molto, nel bene e nel male. Molti credono che questo avvenimento sia di enorme rilevanza: gli uni lo sperano, gli altri lo temono. A mio parere, è senz'altro un'ottima occasione per ricordare e ripensare la parallela storia italiana.

Nel 1978 la famigerata legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza fu promulgata in virtù di una precedente sentenza della Corte costituzionale, la numero 27 del 1975.

Vi troviamo due passaggi cruciali da cui potrebbe ripartire un serio ragionamento e magari un vero cambiamento.

Il primo: «Non esiste equivalenza fra il diritto, non solo alla vita ma anche alla salute, proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare».

Distinguere in punta di diritto quale essere umano sia persona (perché adulto) e quale non lo sia (perché non ancora nato), appare, senza scomodare paroloni come "nazista" o simili, come qualcosa di disumano e certamente "poco cristiano". Forse oggi c'è sufficiente e diffusa sensibilità politica e di opinione pubblica per giudicare inaccettabile quella affermazione della Corte costituzionale. Questo potrebbe essere un buon punto di partenza per un serio ragionamento largamente condiviso.

Il secondo: «Ma ritiene anche la Corte che sia obbligo del legislatore predisporre le cautele necessarie per impedire che l'aborto venga procurato senza seri accertamenti sulla realtà e gravità del danno o pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione: e perciò la liceità dell'aborto deve essere ancorata ad una previa valutazione della sussistenza delle condizioni atte a giustificarlo». La stessa legge 194 del 1978, che discende dalla sentenza in questione, in realtà non prevede affatto «seri accertamenti sulla realtà e gravità del danno o pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione» e quindi in tal senso rimane anti-costituzionale. Tuttavia, e qui emerge il fondamentale parallelo con gli USA, oggi in Italia, grazie al cosiddetto federalismo regionale, le singole Regioni potrebbero (formalmente) e dovrebbero (moralmente) introdurre leggi o regolamenti locali allo scopo di definire come assicurare e oggettivare quei «seri accertamenti», nel rispetto della stessa legge 194 e soprattutto della suddetta sentenza.

Questo potrebbe essere un buon punto di partenza per un vero cambiamento nel modo di affrontare da parte dello Stato la questione della tutela della maternità e della “interruzione di gravidanza”.

Ricordando sempre che l'aborto, in senso letterale, non è un fatto o una procedura, l'aborto è una persona, una persona non-nata (ab-oriri), una persona ancora molto piccola e quindi molto fragile che è morta, come tutti moriamo prima o poi, prima di nascere. E così, in ciò che la ragione chiama "bambini non nati", la fede cristiana e la speranza delle mamme e dei papà vedono una moltitudine di bambini "nati in Cielo" (cit. Gagliardini).

Roberto Festa

 

Fonte: Notizie ProVita & Famiglia, Ottobre 2022

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