14/02/2023 di Fabrizio Cannone

La Cei lancia l’allarme sull’eticità del transgenderismo

Pochi ricordano che il Vaticano, nel 2019, attraverso la Congregazione per l’educazione cattolica, ha emesso un documento che, in 57 punti, faceva chiarezza sulla cosiddetta teoria del gender, confutandola in modo argomentato e sapiente.

Ora è il Gruppo di studio in Bioetica, istituito presso la CEI, e composto da 6 docenti universitari accreditati, ad emettere una Nota - risalente al settembre 2022 - sui fenomeni piuttosto problematici del transgenderismo e della transidentità.

La Nota afferma che «nel tempo presente si assiste a una radicale messa in discussione dell’identità, considerata realtà evanescente e continuamente riconfigurabile».

Il Gruppo, seguendo il «Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) redatto dall’Associazione psichiatrica americana», distingue il sesso (biologico), il genere come «la percezione psicologica interiore della propria identità» e l’orientamento sessuale, che designa l’attrazione «sentimentale, erotica, sessuale» del soggetto.

Si afferma che l’identità tra sesso, genere e orientamento sessuale, è «almeno statisticamente, la norma”» In verità, la norma è un concetto che la ragione desume dalla biologia, dall’antropologia e dalla scienza, prima ancora che dalla statistica. La statistica però la conferma senz’ombra di dubbio.

Il documento si sofferma sull’identità transgender o trans, che configurerebbe un trans-identità: si potrebbe essere del sesso opposto a ciò che dice il corpo. La cultura egemone risponde a questi fenomeni, che riguarderebbero circa l’1% del popolazione, con il plauso e la legittimazione acritica. E con dei protocolli medici che, di norma, prevedono «tre fasi: blocco ormonale della pubertà (12 anni); somministrazione di ormoni caratteristici del sesso opposto (cross-sex hormones) nell’adolescenza (16 anni); trattamento chirurgico in età adulta (18 anni)».

La Nota si sofferma anche sulle cause e l’eziologia del transgenderismo, citando gli studi di vari psicanalisti. Tra essi lo «psicologo e sessuologo statunitense Robert Stoller (teoria identificativa), la psichiatra e psicoanalista francese Colette Chiland (teoria narcisistica) e lo psichiatra e psicoanalista francese Jacques Lacan (teoria fallica)».

E’ bene sottolineare che questi studiosi, senza alcun moralismo religioso o di altro tipo, giudicano comunque il transgenderismo come un problema, una patologia e un disturbo importante della personalità. Giustamente, infatti, la Nota recupera il pensiero realista, sostenuto anche dalla migliore fenomenologia, secondo cui c’è continuità tra anima (mente) e corpo, e l’uomo oltre ad avere un corpo, «al tempo stesso è il suo corpo, tramite cui si apre al mondo e il mondo si apre a lui».

E la corporeità, al di là di tante teorie sulle decine e decine e più di generi esistenti, è maschile o femminile, tertium non datur.

La conclusione etica del documento è ponderata, pratica e ragionevole. Per la Nota è «lecito intervenire su una parte del corpo, anche in maniera lesiva, quando, a motivo del suo carattere patologico, è dannosa per l’intero organismo». Così è ovvio che si possa asportare un organo o un tessuto se questo sia dannoso per la persona. L’intervento però, ormai non così raro, di «rettificazione sessuale», non può dirsi, neppure analogicamente, come «eticamente lecito». Infatti, «le parti biologiche su cui si vuole intervenire sono sane e non arrecano danno all’organismo».

Basta quindi usare la ragione e il buon senso, criteri fondamentali in medicina, per bloccare, vietare, sconsigliare e impedire tutte le operazioni di «riassegnazione sessuale», come l’asporto del seno, degli organi genitali, dell’utero e così via.

I trattamenti ormonali e chirurgici, dettati da percezioni psichiche, spesso incerte e variabili nel tempo, sono quindi contrari alla buona etica medica, che ippocraticamente, si fonda sul «Primum non nocere».

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