24/10/2019

La campionessa paralimpica Marieke Vervoort ha scelto l’eutanasia

Ha scelto la via della morte la campionessa delle Paralimpiadi Marieke Vervoort, affetta da quando aveva 14 anni da una malattia muscolare degenerativa inguaribile. La 40enne belga ha fatto ricorso all’eutanasia nel suo Paese, dove è legale e la sua morte è stata confermata da un comunicato stampa della città di Diert, dove era nata.

Vervoot aveva vinto nelle Paralimpiadi di Londra 2012 una medaglia d’oro e una d’argento in carrozzina, rispettivamente nei T52 100 metri e nel T52 200 metri, mentre un argento e un bronzo arrivarono ai Giochi paralimpici di Rio de Janeiro nel 2016, lo stesso anno in cui abbandonò lo sport. Proprio in Brasile la campionessa aveva annunciato la sua decisione di farla finita «quando il dolore sarà troppo, visto che ho i documenti pronti». Già nel 2008, infatti, aveva firmato tutti i documenti necessari per l’eutanasia, così come consentito dalla legge del Belgio.

La malattia di cui soffriva l’aveva portata alla paralisi e negli ultimi anni anche ad alcuni casi di crisi epilettiche, una delle quali, nel 2014, le aveva fatto versare addosso una pentola d'acqua bollente, con ustioni alle gambe che l'avevano costretta per 4 mesi in ospedale. Nel 2016, in un’intervista alla Bbc aveva dichiarato che per lei «lo sport e la corsa su una sedia a rotelle sono una specie di medicina», ma evidentemente non abbastanza da farla desistere da questo epilogo.

Un epilogo tragico, quello della campionessa paralimpica, ma che sembrava evitabile quanto impensabile. Appare infatti, o dovrebbe apparire, impensabile che una stella dello sport, plurimedagliata, pensi alla morte come una liberazione, anziché essere aiutata e sostenuta tanto psicologicamente quanto fisicamente con le cure palliative. Appare assurdo, inoltre, che una persona così vittoriosa e vincente non sia messa in grado, dalla mentalità imperante del pensiero unico, di avere quella stessa voglia di vittoria e di "continuare ad andare avanti" anche nella vita.

Molti quasi "benedicono" questa scelta. Ma oggi, per via dell'eutanasia legale in Belgio, il mondo ha perso una ragazza, le Paralimpiadi una campionessa e lo sport un esempio da seguire. Il mondo dello sport - lo stesso dei minuti di silenzio e della commozione quando scompare qualsiasi atleta - di sicuro oggi non può essere felice di non avere più Marieke Vervoort.

 

di Salvatore Tropea

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