21/07/2018

Ingegneria genetica sugli embrioni: in UK faranno gli X-men?

Un importante ente etico britannico apre all’ingegneria genetica sugli embrioni per la produzione di bambini con DNA “preconfezionato”. L’obiettivo è di offrire loro ciò che i genitori ritengono essere migliori possibilità di vita. Il Consiglio di Nuffield sulla Bioetica ha affermato che cambiare il DNA di un embrione umano potrebbe essere «moralmente ammissibile» qualora fosse negli interessi futuri del bambino e non andasse ad accrescere le disuguaglianze che già dividono la società.

«Riteniamo che l’editing del genoma non sia moralmente inaccettabile di per sé», ha affermato Karen Yeung, presidente del gruppo di lavoro di Nuffield e docente di diritto, etica e informatica presso l’Università di Birmingham. «Non c’è motivo di escluderlo in linea di principio». L’aurea prospettiva che si delinea all’orizzonte è la seguente: eventuali modifiche apportate al DNA di un embrione interesserebbero tutte le sue cellule, comprese quelle germinali, ossia i gameti (spermatozoi e ovuli); il che significa che le modifiche genetiche sarebbero trasmesse a tutte le future generazioni provenienti da quella persona. Aggiungendo a questa possibilità quella dei test genetici preimpianto, si potrebbe verificare lo stato di salute delle cellule e quindi la schermatura degli embrioni contro i geni difettosi, evitando perciò le malattie genetiche non solo per il capostipite ma anche per tutta la stirpe (almeno in linea di principio).

L’ingegneria genetica solleva innanzitutto la questione dei “bambini di marca”, laddove il codice genetico degli embrioni creati attraverso la FIV (fecondazione in vitro) standard viene riscritto in modo che abbiano caratteristiche che i genitori ritengono desiderabili. Il rapporto Nuffield non esclude alcun utilizzo specifico del genoma, ma afferma che per essere etica, qualsiasi applicazione deve seguire due principi: essere nell’interesse del bambino e non avere effetti negativi per la società.

Marcy Darnovsky, del Centro per la Genetica e la Società in California, non ha tardato a ricordare che una volta consentita la manipolazione genetica, sarebbe usata anche per scopi di miglioramento fisico ed estetico. «[Gli autori del rapporto]», dichiara, lasciano intendere «che questo potrebbe – o, a loro avviso, dovrebbe – essere interdetto. Ammettono che ciò potrebbe peggiorare la disuguaglianza e la divisione sociale, ma non credono che questo dovrebbe ostacolare il progetto. In pratica hanno buttato giù un tappeto rosso per un uso illimitato di ingegneria genetica ereditabile, e un’età dell’oro in cui alcuni sono trattati come “abbienti” genetici e il resto di noi come “non abbienti”».

Del resto viviamo nella società dell’immagine, dell’aborto eugenetico, dell’eutanasia, in cui ogni persona è quotidianamente sottoposta a una pressione psicologica – quando sottile, quando brutale – che spinge sempre nella medesima direzione: quella del super uomo. L’idea fondativa alla base di questa ingegneria genetica non è quella di prevenire le malattie, ma quella di eliminare anche solo il ricordo della malattia; e non solo: di ogni forma di difetto, debolezza o mancanza. L’uomo perfetto, che la natura non concede, lo si vuole costruire attraverso la tecnica. Sognando un nuovo Eden per esaltare l’essere umano, si finisce per abbassarlo al livello di un prodotto di laboratorio, ed è questo l’aspetto più inquietante: la separazione sempre più sistematica tra sessualità e procreazione, dove l’una serve solo per il piacere e l’altra è affidata ai tecnici. E così da pro-creatori ci si fa creatori. Con tutte le conseguenze del caso…

Vincenzo Gubitosi

Fonte:
The Guardian

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