Martedì scorso, in Louisiana, non si è votato solo per eleggere il Presidente degli Stati Uniti, ma anche per approvare o meno un emendamento costituzionale. Gli elettori Usa si sono espressi favorevolmente, proibendo quindi il cosiddetto “diritto all’aborto” ed eventuali, conseguenti, finanziamenti pubblici di tal pratica. Il provvedimento intenderebbe modificare la costituzione della Louisiana in modo che «nulla in questa costituzione deve essere interpretato per garantire o proteggere un diritto all’aborto o richiedere il finanziamento dell’aborto».
Autrice di tale emendamento è la senatrice Katrina Jackson, una democratica prolife, la quale in un editoriale comparso lo scorso mese su The Advocate ha chiarito il senso di questa modifica
«Il nostro corpo di leggi pro-vita garantisce che le donne abbiano il potere di conoscere la verità sulla loro gravidanza prima di un aborto, che le minorenni che cercano un aborto abbiano il consenso dei genitori e che i bambini nati vivi dopo un aborto fallito ricevano cure mediche immediate. La nostra legge garantisce anche che non un dollaro dei dollari pagati con le tasse statali finanzi l’aborto. Eppure queste leggi e altre sono a rischio se non approviamo l’emendamento».
In realtà, in Louisiana nel 2014, già vigeva una legge contro l’aborto che prevedeva la chiusura di tutte le cliniche che praticano l'interruzione della gravidanza ma all’epoca, la partita era stata tutta nelle mani della Corte Suprema che con un incredibile verdetto (la votazione di 5 a 4) aveva deciso di bocciare la legge. Decisivo il voto del giudice capo, il conservatore John Roberts, che si era schierato contro, insieme ad altri 4 colleghi liberal, con la motivazione che la legge conterrebbe “vincoli contrastanti con il diritto costituzionale all’interruzione di gravidanza, fissato per tutto il territorio nazionale dalla storica sentenza del 1973, Roe v. Wade.” Quindi i fatti recenti in Louisiana attestano una grande vittoria del fronte prolife.