20/01/2020

In Belgio il processo che potrebbe mettere a rischio il sistema che regola l’eutanasia

A Bruxelles si sta svolgendo, in questi giorni, un vero e proprio processo-simbolo, in quanto dal suo esito potrebbe dipendere addirittura la normativa vigente sull’eutanasia, in Belgio.

Dietro il banco degli imputati ci sono 3 medici, accusati di aver violato le norme sulla “dolce morte” uccidendo una 38enne con seri problemi psichiatrici nel 2010 e che adesso rischiano addirittura l’ergastolo.

La posta in gioco è veramente alta, infatti, se saranno ritenuti colpevoli, potrebbe saltare in aria tutto il sistema normativo che, in Belgio, regola la “macchina” della dolce morte che macina vittime da 18 anni.

Un processo talmente importante e decisivo che agli avvocati di entrambe le parti avverse è stato vietato di  rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. Ma quale sarebbe il motivo per il quale i medici sono stati trascinati in tribunale?

In realtà si tratta di una delle tante denunce che da quando è in vigore la legge sull’eutanasia partono dai familiari delle vittime. In questo caso si tratta   dell’abuso subito da Tine Nys che soffriva da anni di disturbi psichici, manifestando tendenze al suicidio, e con un lungo “curriculum” fatto di continue crisi, terapie, ricoveri ospedalieri.

La donna, dopo aver saputo dallo psichiatra Godelieve T. (tra gli imputati a processo) della possibilità di accedere all’ eutanasia in caso di gravi sofferenze psichiche, ne avevo fatto richiesta, il giorno di Natale del 2009. Da allora fino al giorno in cui la sua domanda era stata accolta ed esaudita, sarebbe passato molto tempo. Infatti, l’eutanasia fu attuata, sulla donna, la sera del 27 aprile 2010 da parte di un altro medico, anch’esso tra gli imputati, Joris V.H. In realtà la famiglia avrebbe denunciato importanti violazioni, oltre al modo approssimativo in cui sarebbe stata fatta l’iniezione letale, alla povera Tine. Innanzitutto, il fatto incredibile, denunciato dalle sorelle della vittima, che i medici siano stati in grado di diagnosticarle l’autismo solo poche ore prima della morte. Diagnosi a cui non è seguita alcuna terapia, che avrebbero avuto, invece, l’obbligo di fare, prima di arrivare alla soppressione della donna. Inoltre, denunciano sempre le sorelle di Tine, il parere dello psichiatra, che in caso di eutanasia motivata da insostenibili sofferenze psicologiche è vincolante, sarebbe arrivato solo due ore prima dell’iniezione letale.

Ulteriore “stranezza”: il dossier contenete il caso della donna è arrivato alla Commissione di controllo ben 51 giorni dopo la sua morte anziché i 4 previsti dalla legge. Ora si attende l’esito della sentenza che è tra due settimane.

 

di Manuela Antonacci

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