27/09/2023 di Giuliano Guzzo

In Belgio arrivano le lezioni “emotive” su affettività e sessualità, ma i pro life non ci stanno

Una ribellione sorprendente, tosta ed appassionata sta scuotendo, se non l’Europa intera, comunque un suo Stato importante. È quello che sta accadendo in Belgio, dove da alcune settimane nelle piazze e non solo la tensione è alle stelle. Il motivo? La rivolta anti gender di famiglie e associazioni. Ma andiamo con ordine, riepilogando la questione dal principio. Tutto ha avuto inizio lo scorso 7 settembre, quando il Parlamento della Federazione Vallonia-Bruxelles ha adottato – peraltro quasi all’unanimità - un decreto che rende obbligatorio il nuovo corso di Educazione alla vita relazionale affettiva e sessuale (detto Evras) in tutte le scuole francofone del Paese per bambini di età compresa tra 12 e 16 anni.

Ora, vista la larga maggioranza che ha sostenuto il provvedimento, e considerando che quelle introdotte sono appena due ore di lezione all’anno, ci sarebbe stato da aspettarsi pochissime reazioni a questo provvedimento, se non nessuna. Eppure il clima nel Paese si è presto surriscaldato, e per una volta non certo a causa del global warming. Ha scritto Internazionale che «dopo una prima manifestazione pacifica davanti al parlamento vallone, tra il 10 e il 16 settembre ci sono stati diversi incendi nelle scuole di Charleroi e di altre località in Vallonia. E la tensione è salita». La stessa testata, per spiegare il fenomeno, ha parlato di «padri e madri preoccupati, che non conoscono bene il contenuto del programma educativo Evras (Educazione alla vita di relazione, affettiva e sessuale)» e che si sono lasciati «convincere da post Facebook che gridano alla sessualizzazione dei ragazzi».

Genitori creduloni e poco informati, insomma; ma forse è una spiegazione un po’ semplicistica, visto ciò che sta succedendo il Belgio dove, ha scritto Cédric Vallet su Il Fatto Quotidiano, «la tensione è al culmine dall’inizio dell’anno scolastico» con «gruppi di estrema destra e movimenti cattolici conservatori e “anti vax”, a cui si sono aggiunte associazioni musulmane, hanno manifestato contro il decreto e l’introduzione dei corsi Evras. Il 17 settembre circa duemila persone si sono riunite nel centro di Bruxelles, proclamando sugli striscioni: “Non toccate i nostri figli”. Prendendo la parola, una delle organizzatrici della manifestazione, Radya Oulebsir, una donna franco-algerina residente in Belgio, ha denunciato il “decreto satanico”, attaccando le “lobby Lgbt” e le ultrafemministe” che contribuirebbero alla “distruzione dell’autorità familiare”».

Per quanto un po’ orientata (Vallet cita le associazioni musulmane per ultime, mentre per esempio il Telegraph parla subito di «attivisti islamici»), la ricostruzione del Fatto appare già più completa; anche se non lo è del tutto nella misura in cui non sottolinea adeguatamente la vastità della protesta, che ha riguardato e riguarda ben più di alcuni padri ingannati «da post su Facebook che gridano alla sessualizzazione dei ragazzi». Prova ne sia il coinvolgimento in tale mobilitazione anche di gruppi non religiosi. Persino un influencer, per dire, si è schierato dalla parte dei genitori: il rapper francese Rohff, il quale ha invitato i suoi tanti seguaci a firmare una petizione di protesta. Sul suo profilo twitter Rohff ha scritto allarmato: «Se non vuoi che ai tuoi figli, ai tuoi nipoti di 5 anni venga insegnato a masturbarsi e che insegnino loro la pornografia a 9 anni come indicato dalla legge Evras che vogliono approvare in silenzio, firma subito questa petizione».

Addirittura questo rapper, seguito da quasi 870.000 follower, ha denunciato che la volontà politica sarebbe quella di «instillare la pedofilia e la perversione nei nostri figli a nostra insaputa e senza il nostro consenso sapendo che hanno espressamente reso la scuola obbligatoria come se i nostri figli fossero i loro. Sembra che approvino le loro leggi per facilitare i pedofili. Possiamo definirlo uno stupro organizzato». Come prevedibile, le autorità del Belgio hanno tentato di buttare acqua sul fuoco, ma non si può dire che ciò abbia sortito particolari risultati.

In pochi giorni, una petizione contro il progetto Evras ha superato le 13.000 firme e, osserva ancora Vallet, «le proteste si sono radicalizzate. Otto scuole sono state attaccate, danneggiate o incendiate, a Charleroi e a Liegi. Alcune sono state imbrattate con scritte “No Evras”. Paul Magnette, presidente del partito socialista e sindaco di Charleroi, ha denunciato degli atti “barbari”e terroristi». Inutile dire che non si possono che condannare con fermezza gli atti vandalici, fatti molto gravi e dei quali, a sue spese, Pro Vita & Famiglia ha già purtroppo fatto ampia esperienza, senza che peraltro ciò abbia suscitato particolare scandalo in molta stampa. Ma al di là di questo, l’esperienza del Belgio insegna una cosa importante, e cioè che la protesta anti gender si sta diffondendo in Europa e sta dilatandosi anche al di là del perimetro cattolico.

Lo si è visto anche in Canada, dove nelle piazze, a difesa dell’educazione dei figli, parla spesso una mamma ed ingegnere musulmana, Bahira Abdulsalam. Una seconda e ultima considerazione che val qui la pena fare è la seguente: in linea teorica, è possibile che qualche gruppo abbia sovrastimato i pericoli di determinate iniziative scolastiche, tipo il progetto Evras, ma il punto non è quanto queste lezioni di “educazioni sessuale” siano spinte o meno. No, il punto è un altro: in quell’ambito tematico la sola titolata ad esprimersi nei confronti dei figli è la famiglia. Tutto qui. E qualsiasi ingerenza da parte della scuola – grave, gravissima o addirittura “satanica” che sia, secondo le interpretazioni che se ne danno – risulta comunque una ingerenza. E come tale va pacificamente ma risolutamente respinta, senza se e senza ma.

 

 

 

 

 

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