01/09/2021 di Luca Volontè

Il ritorno dell’eugenetica nel cuore dell’Europa

Cosa ci dicono sul futuro dell’Europa il rapporto Matic, approvato dal Parlamento europeo in primavera e le tante manifestazioni, dichiarazioni, minacce che la Polonia sta subendo a causa della decisione della sua Corte Costituzionale che ha vietato l’aborto eugenetico nel paese lo scorso autunno? 

Il Rapporto Matic limita il diritto alla libertà di espressione, il diritto alla libertà di coscienza, il diritto alla libertà di religione e, soprattutto, il diritto alla vita per tutte le persone. In parole molto semplici: le organizzazioni pro-vita non saranno più autorizzate a fornire informazioni e istruzione; l'educazione sessuale sarà resa obbligatoria nella scuola primaria per tutti gli stati membri dell'Unione Europea, secondo le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); raccomanda il finanziamento statale per l'aborto; raccomanda l’abolizione della obiezione di coscienza per il personale medico.

Tutto ciò anche se gli aborti non fanno espressamente parte della politica comune europea ma sono responsabilità dei singoli Stati membri ed i Trattati in vigore riconoscono che ogni paese ha il diritto di discutere e decidere da solo su come i suoi valori sono trasformati in leggi.

Tra l’altro, il Report Matic esplicitamente viola la Sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che con la sua decisione del 18 ottobre 2011 (Oliver Brüstle v. Greenpeace e.V) ha stabilito che dal momento del concepimento, l'embrione è un essere umano che deve essere protetto. Dunque, il Parlamento Europeo pur di salvaguardare un fantomatico e puramente inventato ‘diritto all’aborto’, si è reso colpevole di violare sia i Trattati europei, sia le Sentenze della stessa Corte Europea.

Gli attacchi che si sono susseguiti, nelle piazze polacche e dalle tribune parlamentari e della Commissione Europea contro la decisione della Corte Costituzionale sull’aborto eugenetico ci mostra un ulteriore aspetto di questa deriva eugenetica. Dalle discussioni al Parlamento europeo dello scorso febbraio in poi, abbiamo assistito non solo ad una manipolazione del linguaggio globale (non già si parla di divieto all’aborto eugenetico, ma di divieto ‘tout court all’aborto’, ‘violenza contro le donne’, ‘inumano trattamento delle donne’, ‘violazione fondamentale dei diritti delle donne’).

Il Commissario europeo per l'uguaglianza Helena Dalli ha riconosciuto che l'UE non ha alcun controllo legale sul modo in cui gli Stati membri regolano l'aborto, ma ha affermato di considerare la sentenza sull'aborto come un segno del deterioramento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne in Polonia. La Corte Costituzionale aveva stabilito che l'aborto dovuto ad anomalie fetali, ma non necessariamente mortali, non è costituzionale e questo per Bruxelles sarebbe un ulteriore “deterioramento degli standard democratici nella nazione”. Oltre alle istituzioni europee, le grandi lobby e multinazionali dell’aborto mondiale hanno in entrambi i casi esaltato i risultati favorevoli all’omicidio della vita innocente e sostenuto manifestazioni e sanzioni contro coloro (Polonia) che vogliono tutelare la vita nascente.

Intanto, purtroppo, IPPF, Amnesty International, Human Rights Watch, EPF e tanti altre organizzazioni di questo tipo, tutte lautamente finanziate dai grandi filantropi mondiali (Gates, Soros, Ford) gioiscono ed esultano per la decisione europea di ‘stabilire il nuovo diritto umano all’aborto’.

Possiamo chiederci chi governa l’Europa su questi ed altre sfide sui valori comuni? Una risposta la possiamo intuire dal recente Report di ECLJ che dipinge il volto del vero potere al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU. Vogliono portarci verso una nuova società nella quale nascano e vivano solo gli ‘adatti’ (da loro definiti tali), mentre ogni altro essere umano (“difettoso” o non desiderato) deve essere eliminato. Meglio dalla nascita, così da evitare problemi a se stesso e agli altri, e laddove non è possibile procedere con l’aborto, deve essere messo a tacere, escluso dalla società, bandito a vita dalla piazza pubblica perché si eviti che contagi altri con le sue idee in difesa della vita nascente e per la dignità della vita umana.

 

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