Caterina Balivo torna a sorprenderci, oltre lo schermo dove si presenta sempre sorridente, per darci una preziosa testimonianza sull’aborto spontaneo. Un tema che troppo spesso viene tenuto in balia dell’ombra, ma che in ogni caso genera sempre una ferita indelebile, quale è la perdita di un figlio. Ed è per questo che la conduttrice televisiva ha invitato sui social i suoi fan a parlarne, anziché nascondere il dolore.
“Ero al terzo mese – ha raccontato - sono stata malissimo, ma ho fatto finta di nulla. Dopo non ho più voluto provare a rimanere incinta per paura. Ma adesso le cose vanno meglio. Non fare come me però non nascondere il dolore, tiralo fuori, elaboralo”, il suo invito rispondendo ad una fan che le ha raccontato un vissuto simile al suo.
Una situazione dallamquale traspare un lato profondamente umano della conduttrice, che ci insegna quanto la perdita di un figlio sia sempre un dramma. Un dramma di cui è fondamentale parlarne, senza nascondersi, senza vergogna, che solo con l’aiuto di chi ci sta accanto può essere superato.
Una situazione che però dovrebbe indurci a riflettere sulle controversie della nostra società, la quale da un lato disumanizza i bambini non nati, non considerandoli giuridicamente “persone”, mentre dall’altro quando in realtà questi sono voluti, vengono magicamente considerati umani. Come se alcuni nascituri fossero più umani di altri e di conseguenza più degni di venire al mondo, soggetti alla “scelta” della donna che secondo la legge ha facoltà di decidere tra la vita e la morte del figlio.
Eppure se qualcuno vi mostrasse l’ecografia di un figlio “voluto” e di uno “non voluto” notereste che non vi è alcuna differenza, poiché entrambi meritano protezione per beneficiare del più basilare dei diritti umani: il diritto alla vita.
L’esempio della conduttrice televisiva ci pone di fronte all’importanza di cogliere ed elaborare questo dolore, di porci nella condizione di ascoltare e accogliere chi ha vissuto questa tragedia e magari anche quelle donne che, spesso ingannate e abbandonate dalla società si sono trovate nell’errore di abortire volontariamente. L’ascolto e l’empatia sono il mezzo migliore per aiutarle a rinascere dalla vita che sboccia dalla morte. Ricordare gli errori (o i drammi) del nostro passato e parlarne è il modo migliore per non ripeterli.
L’ascolto, il dialogo e l’informazione sono i mezzi più potenti per aiutare chi soffre, e di conseguenza di portare alla luce la consapevolezza sulla dignità della vita umana sin dal primo istante della sua esistenza.