24/01/2023 di Maria Rachele Ruiu

Il caso del Pertini specchio di una realtà dove la maternità è solitudine

Nonna Livia, la nonna di Stefano che oggi ci protegge dal cielo, ha accompagnato la mia prima gravidanza con numerosi racconti di parti. Mi pare ancora di sentirla: «Non vedrai il soffitto dai dolori, e ne ho visti io di parti: ho fatto partorire tutte».

Nei racconti dettagliati, pieni di miracoli, paure, sofferenze, fatica, il filo conduttore era l'amore. E il focolare. L'amore che custodiva: il neonato appena nato, ma anche la mamma. Il parto era una storia che coinvolgeva tutti. A ciascuno il suo compito: gli uomini lasciavano campo libero alle donne, e le donne, tutte insieme , ad attendere, accompagnare, accogliere, la nascita della creatura, la nascita della mamma. A fare spazio. Anche quando si è iniziato a partorire in ospedale, tutti al rientro, erano lì. Ai loro posti.

Ricordate il cannone di Mary Poppins quando sparava? Nel racconto di nonna Livia trapelava questo: ciascuno sapeva cosa doveva fare, ciascuno faceva. La gravidanza era sempre inaspettata e la vita che esplodeva era interesse di tutti. Era il momento della tenerezza, quella concreta: fare spazio al neonato, fare spazio alla mamma. E prendersi cura. Di entrambi.  La maternità era una chiamata della comunità.

Una via vai generoso, forse anche invadente, ma generoso, accidente, fondante. Oggi, invece, la cifra stilistica della maternità è la solitudine, assieme ad una richiesta schiacciante di perfezione. Vuoi essere madre? Devi essere pronta. Con l'aborto, la maternità è diventata un progetto, tutto della donna. Se intraprendi un progetto, ti sarai fatta i tuoi conti. Non hai usato la contraccezione?  Non hai fatto ricorso al servizio clienti della contraccezione, cioè l'aborto? (Non ascoltare tuo marito, o il tuo compagno: devo decidere te.) Hai voluto la bicicletta. Ed ora pedali. Noi sei pronta? Potevi pensarci prima, arrangiati.  Sei stanca? Cavoli tuoi.  Non hai mai preso in braccio un bambino? Guarda qualche tutorial.

Ahimè, la nostra generazione ha vinto i regali del famigerato diritto all’aborto, che ha fatto del bambino il frutto di una volontà individuale in solitudine: un progetto che deve riuscire sulle tue forze. La maternità non sorge più intorno ad un focolare, ma è diventato luogo di solitudine culturale, che oggi ti fa solo un invito: se vuoi essere madre SII PERFETTA, perché tuo figlio sia perfetto. La pressione sul bambino è terribile; la pressione sulla madre pesantissima.

I miei figli non hanno mai dormito tantissimo la notte, e tante volte mi sono addormentata mentre loro ciucciavano. Alcune volte mi sono addormentata seduta e subito risvegliata. Altre mi sono svegliata alla poppata successiva. Nel letto. Penso alla ricchezza delle relazioni del mio ambiente che mi hanno custodito da questa solitudine, che mi hanno custodito da questa idea di perfezione, che mi hanno custodito dall'idea che il figlio è un mio progetto. E le auguro a tutte noi.

Liberiamo la maternità, anche restituendo la paternità ai nostri compagni, liberiamoci da questa gabbia culturale che ci siamo autoimposte. Guardo Michele e Francesco. Respirano nel loro letto. Nonostante me. E ringrazio. Penso alla mamma e al papà del Pertini. E prego per lei. Per loro.

Sperando che la certezza del Cielo possa consolarli.

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