14/10/2023 di Bendetto Rocchi

I costi sociali dell'aborto - Parte I

Pubblichiamo l'intervento del Presidente dell'OPA, Osservatorio Permanente sull'AbortoBenedetto Rocchi, al Tavolo organizzato dal Movimento per la Vita di Varese e di Trento “Voglio un Movimento spericolato!” che si è tenuto il 30 settembre e il 1° ottobre 2023.

 

 

1. La riflessione che qui viene proposta intende discostarsi, in una certa misura, da quanto normalmente viene affermato riguardo alla negatività dell’aborto come fenomeno sociale. Su quest’ultima, peraltro, c’è un sostanziale accordo: l’aborto volontario è un fenomeno negativo ed è un auspicio condiviso che il numero di aborti possa progressivamente diminuire, non solo in valore assoluto ma anche come incidenza relativa. Ciò su cui, viceversa, nell’arena pubblica il dibattito è ancora acceso, riguarda le politiche che si dovrebbero adottare per raggiungere tale obiettivo. Per questo metterò in discussione quella che oggi è, in Italia e in un grande numero di paesi, la principale politica adottata riguardo all’aborto e cioè la sua legalizzazione. Quali sono i costi economici e sociali che la collettività deve sostenere per il fatto che una legge rende legale l’aborto volontario per libera decisione della madre? La discussione farà riferimento alla situazione italiana ma una serie di aspetti generali che tratterò sono senz’atro estendibili ad altre realtà e contesti.

Questa prospettiva di analisi si concentra sulle conseguenze sociali della scelta di legalizzare l’aborto. Si tratta, con ogni evidenza, di argomento “secondo” rispetto al giudizio morale sull’inviolabilità della vita, che di per sè è sufficiente per mettere in discussione la legalizzazione dell’aborto.

Riflettere sulle conseguenze sociali di una scelta collettiva significa rimanere su un terreno argomentativo che non parte da premesse metafisiche, ad esempio riguardo alla dignità della persona umana prima della nascita. Queste, pur potendo essere oggetto di speculazione razionale, sono alla fine oggetto di una scelta che dipende da una visione della realtà che non può essere oggetto di controllo empirico. Lo studio delle conseguenze sociali, viceversa, è il normale approccio con cui vengono valutate le politiche in una società laica, sia ex ante quando le si definisce, sia ex post quando se ne vuole in qualche modo misurare gli effetti. Si tratta di un contributo necessario al dibattito, che nel caso dell’aborto legale è stato troppo spesso oscurato dalla pura e semplice (e sacrosanta) contrapposizione sui principi. Cercherò di mostrare, tuttavia, che la questione dei principi rimane sempre sullo sfondo e l’analisi delle conseguenze sociali può gettare luce sulla posta in gioco anche riguardo ad essi.

2. Per illustrare meglio il tipo di approccio che intendo seguire può essere utile ragionare sul presunto beneficio della legalizzazione dell’aborto. Uno degli argomenti principali dei difensori del "diritto" di aborto è che questo verrebbe praticato comunque anche qualora fosse illegale: negarne il diritto spingerebbe le donne a praticarlo in condizioni pericolose per la loro salute. La legalizzazione consentirebbe di ridurre i costi sociali generati dall’aborto clandestino. Si tratta perciò di ridurre, con la legalizzazione, le conseguenze avverse di un fenomeno sociale inevitabile. Questa era la principale motivazione indicata nella relazione al Parlamento (Camera dei Deputati) per la presentazione del DDL al momento della legalizzazione.
Che la soppressione dei bambini non ancora nati sia un fenomeno da sempre presente nella società, a prescindere dalla legalizzazione, è senz’altro vero. È però importante non dimenticare le sconsiderate speculazioni intorno a questo doloroso fenomeno ai tempi della approvazione della legge 194, quando circolavano cifre sulle donne morte che, ad uno sguardo oggettivo, non possono che risultare evidenti mistificazioni. Sui principali organi di stampa era infatti accreditata la cifra di oltre 2 milioni di aborti clandestini all’anno (all’epoca corrispondente ad una situazione in cui il 50% delle donne avrebbe dovuto abortire in media di 5,3 volte durante la vita riproduttiva), e si parlava di 20.000 donne morte all’anno, quando nel 1974 le donne morte in età fertile per qualsiasi causa erano state solo 9.914.
Per valutare se la legalizzazione ha portato il beneficio prospettato di una riduzione delle morti da aborto bisogna avere innanzitutto una quantificazione della mortalità femminile (per le coorti in età fertile); questa deve essere confrontata con il dato che si sarebbe potuto registrare con l’applicazione di una politica alternativa (il divieto di aborto). Ovviamente quello che nella valutazione empirica delle politiche si chiama controfattuale non è direttamente disponibile per un “esperimento sociale” come l’introduzione di una qualche legislazione. Possiamo solo costruirlo per approssimazione. Un’interessante analisi controfattuale (ma non è l’unica) è stata pubblicata qualche anno fa confrontando i dati di mortalità femminile di Inghilterra e Irlanda prima che quest’ultima legalizzasse l’aborto (Calhoun et al. 2013): la situazione risultava migliore nell’Irlanda che vietava l’aborto.

Bisognerebbe chiedersi inoltre se la legalizzazione faccia aumentare o viceversa diminuire il numero di aborti totali (legali più clandestini) rispetto al divieto. Anche qui ovviamente una rilevazione diretta è molto difficile ma alcune evidenze empiriche sembrano confermare che la legalizzazione di fatto aumenta il numero totale di aborti volontari. (Levine e Staiger, 2004; Antón et al. 2018). Una recente conferma di questa realtà, sia pure in senso contrario, è il caso del Texas dove, dopo l’introduzione di una regolamentazione che restringeva il diritto di aborto nel 2021, è stato osservato un incremento delle nascite rispetto alla media degli anni precedenti (Bell et al, 2023). Una stima rigorosa (Colombo, 1977) degli aborti clandestini in Italia prima della legalizzazione li quantificava in non più di 100.000 all’anno. Nei primi anni di applicazione della legge 194 gli aborti legali sono arrivati a superare quota 230.000 prima di cominciare a calare. Se ogni singolo aborto è una sconfitta, la legge 194 aumentando il numero totale di aborti ha senz’altro avuto un impatto netto sociale negativo.
Che una donna che decide di abortire volontariamente non muoia per le conseguenze sanitarie del suo gesto non possiamo che considerarlo un risultato positivo dal punto di vista sociale: invece di due muore soltanto una persona: il bambino. Tuttavia si tende a dimenticare il fatto che l’obiettivo di salvare la vita delle donne può essere perseguito anche vietando l’aborto volontario ed effettuando una efficace politica di sostegno alle donne e alle famiglie in difficoltà di fronte ad una gravidanza, affinchè non ricorrano all’aborto clandestino in condizioni pericolose per la salute. Del resto la stessa legge abortista, almeno a parole, ritiene opportuno scoraggiare le donne dalla scelta di abortire, con una qualche azione preventiva. Il controfattuale della legalizzazione dell’aborto, in una società giusta, non sarebbe un semplice divieto che getterebbe nuovamente le donne nelle braccia delle mammane, come una certa narrazione troppo spesso tende implicitamente a far credere. È bene non dimenticarlo perchè l’esperienza ormai pluridecennale della legge 194 ha mostrato chiaramente come anche in presenza della legalizzazione la clandestinità dell’aborto rimane. Circa dieci anni fa, su incarico del Ministero della Salute, l’Istat condusse un’analisi che portò a stimare circa 11.000 aborti clandestini all’anno, corrispondenti al 13% di tutte le gravidanze interrotte volontariamente nel 2015. Ed è bene non dimenticare che oggi, con le pillole cosiddette “del giorno dopo” e dei “cinque giorni dopo”, che nascondono una non trascurabile percentuale di cripto-aborti (Noia, 2023), il tasso di abortività che risulta dai dati ufficiali è sicuramente sottostimato. Una valutazione estremamente prudenziale della cripto-abortività della contraccezione di emergenza suggerisce che negli ultimi 10 anni la percentuale di gravidanze interrotte volontariamente non è realmente diminuita (Osservatorio Permanente sull’Aborto, 2023).
Inoltre anche per la diffusione (ormai oltre il 30% dei casi) della pillola RU486, somministrata con procedure sempre più de-ospedalizzate, nelle quali la donna vive l’aborto come un evento domestico, il confine tra contraccezione e aborto si va assottigliando sempre di più nel senso comune. Durante il Covid in paesi come il Regno Unito o gli USA si è diffusa, con esiti decisamente negativi dal punto di vista sanitario, la somministrazione domiciliare, con distribuzione postale della pillola abortiva. Non stupisce dunque che si diffondano pratiche di aborto “fai da te” (con l’uso di farmaci come il Cytotec, o tramite l’acquisito online della RU486) che sono anche formalmente al di fuori del perimetro della legge, soprattutto tra le donne molto giovani. Il tasso di abortività spontanea delle donne fino a 19 anni, secondo i dati ufficiali Istat, è sorprendentemente superiore a quella delle donne con età compresa tra i 20 e i 34 anni (Osservatorio Permanente sull’Aborto, 2013). Clandestinità e/o privatizzazione dell’aborto sono dunque presenti anche con la legalizzazione. Un’analisi seria delle conseguenze della legalizzazione da un punto di vista sociale dovrebbe chiedersi in che misura la liceità e la banalizzazione dell’aborto contrasti o viceversa generi questi comportamenti, con tutte le conseguenze avverse che essi portano.

Continua

Riferimenti bibliografici
Antón J, Ferre Z, Triunfo P, 2018. "The impact of the legalisation of abortion on birth outcomes" in Uruguay. Health Economics, 27: 1103–1119. DOI: 10.1002/hec.3659.

Bell SO, Stuart EA, Gemmill A 2023. Journal of the American Medical Association, Volume 330, Number 3: 281.

Calhoun BC, Thorp JM, M.D., Carroll PS 2013. Maternal and Neonatal Health and Abortion: 40-Year Trends in Great Britain and Ireland. Journal of American Physicians and Surgeons, Volume 18 Number 2: 42.46.

Colombo B. 1977. La diffusione degli aborti illegali in Italia. Milano, Vita e Pensiero.

Giubilini a., Minerva F. 2013. After-birth abortion: why should the baby live? Journal of Medical Ethics, 39: 261–263. doi:10.1136/medethics-2011-100411

Levine PB, Staiger D. 2004. Abortion policy and fertility outcomes: the eastern European experience. Journal of Law and Economics, vol. XLVII: 223-243.

Noia G. 2023. Il dialogo nascosto. Roma, Osservatorio Permanente sull’Aborto. 

Osservatorio Permanente sull’Aborto 2023. Verso la privatizzazione dell’aborto. Secondo rapporto sui costi e gli effetti sulla salute delle donne della legge 194 in Italia. Roma, Osservatorio permanente sull’Aborto. 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.