21/10/2019

“Gender school”, al via un nuovo piano nelle scuole. Un nome, un programma

L’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione e il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri hanno fatto partire una nuova potente iniziativa che, sotto le mentite spoglie del contrasto alla violenza di genere, potrebbe presto configurarsi come un vero e proprio piano per diffondere l’ideologia gender nelle scuole e per di più su scala nazionale.

Il nome del progetto in questione sembra quasi provocatorio, “Gender school”. Citando testualmente ciò che viene riportato sul sito di Indire si apprende, appunto che «L’iniziativa, denominata “Gender School – Affrontare la violenza di genere”- prevede in una prima fase l’avvio di un piano nazionale di formazione dei docenti e del personale della scuola su un ambiente online dedicato, ricco di lezioni e di materiali costantemente a disposizione degli iscritti. Il modello formativo, realizzato dall’Indire in collaborazione con l’Università Telematica degli Studi IUL, dà infatti la possibilità di accedere da qualsiasi luogo e in qualunque momento ai contenuti didattici (lezioni, video, podcast, materiali di studio, forum tematici, ecc.) e prevede l’assistenza continua di docenti e di tutor qualificati». Ma la parte più inquietante è quella che segue, in quanto fa davvero pensare ad una vera e propria colonizzazione ideologica ben studiata a tavolino e che prevede come prima tappa la “rieducazione” del personale docente stesso.

Ecco come viene descritta: «La formazione online rappresenta solo il primo gradino di un programma educativo più ampio, pensato per aiutare gli insegnanti a portare in classe un nuovo “approccio di genere” capace di costruire relazioni non discriminatorie tra ragazzi e ragazze, sensibilizzare gli studenti ad anticipare e a prevenire i contrasti, superare gli stereotipi, rispettare le differenze e rafforzare la consapevolezza sui diversi aspetti che compongono la cultura delle pari opportunità».

Verrebbe da porsi una serie di domande di fronte a simili, ambigue dichiarazioni: innanzitutto al rispetto di quali “differenze” verranno rieducati i ragazzi e cosa si intenderebbe esattamente per “stereotipi”: la fissità dei ruoli sociali o forse la differenza biologica e dunque innegabile tra maschile e femminile?. Peraltro, dal sito si apprende anche che il progetto riguarderà studenti di ogni età, nei confronti dei quali verranno messe in atto «azioni di comunicazione didattica, di educazione e formazione».

Siamo di fronte ad un linguaggio pericolosamente generico e ambiguo che caratterizza, per di più, un progetto che, essendo stato studiato per essere diffuso su scala nazionale, dovrebbe contenere informazioni esplicite e chiare il più possibile. Se le intenzioni sono davvero positive ed educative perché utilizzare espressioni così vaghe che sembrano dire tutto ma in realtà non dicono niente? Intanto le iscrizioni sono già iniziate e probabilmente, presto, ne vedremo delle belle nelle scuole italiane.

 

di Manuela Antonacci

 

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