«Dietro lo slogan della campagna “Aborto senza ricovero” promossa dall’Associazione Luca Coscioni si nasconde una furia abortista ideologica e disumana: l’aborto fai-da-te, a casa, da sole, senza assistenza medica in caso di complicanze e nel più totale disprezzo della piccola vita che viene soppressa». Così Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, replica alla campagna lanciata oggi dall’organizzazione radicale per chiedere alle Regioni di sdoganare l’assunzione della pillola abortiva RU486 a domicilio e non più in regime ambulatoriale.
«Questa non è “tutela della salute” – denuncia Ruiu – ma propaganda ideologica travestita da battaglia per i diritti. Si spingono le donne a compiere un gesto drammatico da sole, in casa, magari in bagno, riducendo l’aborto a una specie di automedicazione per risparmiare, si dice, sui costi sanitari. Una scelta che calpesta tanto la dignità delle madri quanto la vita dei figli non nati».
Ma non è solo una questione etica: secondo il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, oltre il 90% delle donne che assumono la RU486 fino alla decima settimana espelle l’embrione nel bagno di casa, spesso in modo improvviso e traumatico. A quell’epoca gestazionale, il figlio ha arti, testa, occhi, cuore già formato: è biologicamente riconoscibile come un essere umano in miniatura. La visione diretta del proprio bambino espulso nel water o su un assorbente è stata definita da molte donne come un’esperienza scioccante e devastante.
«È gravissimo – prosegue la nota – che si parli di “appropriatezza” per legittimare una pratica che espone le donne a sofferenze fisiche e psicologiche gravi, senza alcuna reale assistenza. Non esistono dati ufficiali su quante riconoscano il bambino abortito a casa, ma testimonianze cliniche e raccolte internazionali mostrano che queste esperienze sono tutt’altro che rare. La mancanza di studi in materia è essa stessa un segnale inquietante: c’è chi preferisce non sapere per non dover ammettere la verità».
«L’unica cosa che davvero viene ostacolata da certe campagne non è l’“autosomministrazione” – conclude Pro Vita & Famiglia – ma il diritto alla verità, alla cura e all’accoglienza. Questo tipo di attivismo ignora volutamente l’unico fatto oggettivo: ogni aborto elimina una vita umana. E lo fa nel nome di una falsa libertà che abbandona le donne al proprio dolore, trasformandole da madri in pazienti invisibili».
Pro Vita & Famiglia chiede alle Regioni di resistere alla pressione ideologica e di tutelare davvero le donne, offrendo loro assistenza medica e psicologica reale, non pillole abortive da prendere in casa nel silenzio e nella solitudine. Perché nessuna vita – né quella della madre, né quella del figlio – vale meno di un risparmio sanitario.